A rischio lo stabilimento di Longarone di Safilo, i sindacati: ritiro ingiustificato
Le organizzazioni sindacali di categoria di Cgil, Cisl e Uil hanno definito oggi la decisione annunciata ieri da Sàfilo di “esplorare soluzioni alternative” per lo stabilimento di Longarone (Belluno) una “scelta ingiustificata, assurda e che risponde alla sola logica del profitto e di spregio assoluto nei confronti delle persone”. Lo si legge in una nota congiunta in cui i sindacati ribadiscono come “le scelte aziendali “non possano ancora una volta ricadere esclusivamente sui lavoratori e sulla comunità salvaguardando soltanto le logiche del profitto aziendale legato alla quotazione in borsa”. Nella sede bellunese oggi operano 472 addetti, dopo una riduzione di 400 unità operata attraverso esodi volontari in base al piano industriale del 2019 concluso lo scorso marzo.
La società
La società dell’occhialeria, che ha sede a Padova, in ottobre aveva chiesto alcune settimane di cassa integrazione fino a Natale e ora, aggiungono i sindacati, viene dimostrato “un atteggiamento di mancanza di rispetto nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori e del territorio poiché nei precedenti incontri proprio l’azienda aveva sempre rassicurato il sindacato sostenendo la tenuta o lo sviluppo di tutti i siti produttivi veneti”. Le organizzazioni chiedono di attivare “fin da subito un percorso che coinvolga le istituzioni venete, l’imprenditoria dell’occhialeria, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e la comunità bellunese per affrontare questa grave situazione”.
I sindacati
“Non è ammissibile che l’amministratore delegato ci comunichi in maniera molto semplice di ‘puntare’ sugli stabilimenti di Santa Maria di Sala, Padova e Bergamo e di dismettere Longarone”. Lo ha detto la segretaria della Cgil di Belluno, Denise Casanova, a proposito del rischio di chiusura della Safilo nella località bellunese, emersa ieri con la comunicazione dei risultati economici del Gruppo dell’occhialeria.”La stessa cosa – ha proseguito Casanova – ce l’aveva già in qualche modo venduta nel 2019, dicendo che con i sacrifici fatti allora Longarone sarebbe stata rilanciata e sarebbe rinata. Non è stato così, non è un’azienda credibile. Se vogliono eliminare Longarone cambino nome, risanare le aziende chiudendo tutti i siti produttivi in Italia lo sappiamo fare in tanti. Longarone è stata costruita anche con i soldi del Vajont, e questo non va dimenticato”. Casanova ha auspicato anche un aiuto dalla Regione veneto: “L’unità di crisi della Regione – ha commentato – ha sempre dato un grande contributo nella risoluzione delle vertenze, siamo sicuri che sarà così anche in questo caso, però attenzione a non pensare che basti una riqualificazione dei lavoratori, noi vogliamo che lo stabilimento, il valore industriale di quello stabilimento storico rimanga, e rimanga lì dov’è”.