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Nuova legge elettorale chi andrà oltre il 40% avrà il 60% dei seggi

Legge elettorale: la Lega mette in archivio il sogno del premio di maggioranza esagerato “stile Bulgaria” del 65% e fissa come limite massimo il 60% che scatta per la coalizione che supera il 40% dei voti. Tradotto in numeri significa che la futura maggioranza nel 2020 potrà contare su 30 seggi (compreso il presidente) e l’opposizione su 21, con un margine di 9 voti contro i 7 attuali. C’è anche un altro scenario contemplato: il governatore che vince con meno del 40 per cento si deve accontentare di 28 poltrone (premio del 55%) contro le 23 delle minoranze e avrà vita dura a palazzo Ferro Fini.

Dopo due mesi di dibattito in prima commissione, il presidente Marino Finozzi ha trovato l’intesa e le opposizioni hanno ritirato la loro proposta alternativa, che puntava sul doppio turno con il ballottaggio sul modello dei sindaci, già applicato alla regione Toscana. L’asse Pd- M5S- LeU e Zorzato ha vinto il primo round, ma la prudenza regna sovrana in attesa del dibattito in aula che inizierà mercoledì prossimo.

«Tutta questa fretta appare ingiustificata», spiega la tenace Erika Baldin del M5S, «abbiamo bloccato le pretese assurde della Lega che pretendeva un premio esagerato e strappato poi anche altre compensazioni: nella prossima legislatura, le opposizioni potranno contare sulla presidenza della IV commissione. Faremo di tutto per bloccare invece la doppia carica di consigliere regionale e comunale perché spalanca le porte ai conflitti d’interesse e alle incompatibilità. Ci pare assurdo che la norma entri in vigore già da questa legislatura: se la nuova legge elettorale viene licenziata la prossima settimana, i consiglieri regionali si potranno candidare per le amministrative del 10 giugno e ci sono già dei consiglieri della Lega pronti a scendere in campo a Treviso e a Vicenza: è una profonda ingiustizia, una legge cucita su misura per pochi privilegiati. L’altra perplessità riguarda le pluricandidature in tutte e 7 le province. Il M5S attende ora la maggioranza alla prova dei fatti, se Finozzi dovesse cambiare le carte in tavola siamo pronti a fare le barricate in aula fino allo stremo delle forze», conclude Erika Baldin.

Stefano Fracasso, a nome del Pd, sostiene che «è stato fatto un passo avanti importante, la maggioranza ha compreso che la governabilità non può soffocare il ruolo dell’opposizione. Fissare il premio di maggioranza al 60% è in linea con la nostra proposta che lo prevedeva in un sistema con doppio turno e ballottaggio, che avrebbe dato maggior forza al presidente eletto. Faccio quindi appello al presidente Zaia affinché si arrivi a una legge elettorale pienamente condivisa, come è giusto che sia quando si tratta delle regole del gioco: dobbiamo rendere un buon servizio a tutti i veneti, senza privilegi per pochi fortunati».

Soddisfatto il commento di Marino Finozzi: «Siamo riusciti a trovare un accordo che rispetta i diritti della minoranza e al tempo stesso consente a chi vince di poter governare con un margine più ampio, grazie al premio del 60% che scatta a chi supera il 40% dei voti. Le proposta di legge che porterò in aula mercoledì prossimo è un ottimo punto di equilibrio che rispetta il diritto di rappresentanza di tutti i partiti. L’altra novità positiva è la doppia candidatura in regione e nei consigli comunali. Ci sono tre colleghi che vogliono scendere in campo: il presidente Roberto Ciambetti sarà capolista della Lega a Vicenza, mentre l’assessore Federico Caner e Riccardo Barbisan si presenteranno a Treviso. Sia chiaro, non è una norma ad personam: tutti i 51 consiglieri si possono candidare fin dal 10 giugno, prima scadenza delle elezioni amministrative».

Ma la decisione di abbassare il premio di maggioranza dal 65 al 60% non è una sconfitta per la Lega e non teme le barricate di Pd, M5S e LeU? Finozzi sorride e poi ribatte: «Il premio del 60 per cento è una garanzia sufficiente, un ottimo risultato a salvaguardia di una vera governabilità, anche nei casi di assenza degli assessori impegnati a Roma. Abbiamo fatto un buon lavoro, non temo le barricate delle opposizioni e l’ostruzionismo», conclude Marino Finozzi.

A.V.

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