Ci vuole una speranza ostinata per raccogliere l’eredità del 2018
Buon 2019. E tutti si dimenticano in fretta del vecchio anno. Ma come sarà il nuovo? C’è una bella canzone di Lucio Dalla dedicata proprio all’anno che verrà, dice: “…Se quest’anno poi passasse in un istante … vedi amico mio come diventa importante che in questo istante ci sia anch’io”.
Ecco: noi ci saremo e sarà importante fare la nostra parte. Noi ci saremo perché vogliamo contare, perché vogliamo lasciare il segno, perché vogliamo cambiare l’anno che è appena arrivato.
Il vecchio lascia un’eredità pesante e tante cose sulle quali vigilare per capire se andranno nella giusta maniera.
Abbiamo visto il terrorismo chiudere l’anno con le raffiche al mercatino di Natale di Strasburgo e tanti morti, tra i quali il giovane Antonio Megalizzi che sognava di diventare giornalista in un’Europa allargata e solidale. Hanno ucciso lui, non i suoi sogni. Non a caso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno alla Nazione ha ricordato l’aspirante giornalista che credeva in un’Europa con meno confini e più giustizia.
Mattarella ha usato parole contro l’odio e la discriminazione e il suo discorso ha battuto i record di ascolti televisivi e di condivisioni sui social. Segno che le parole di un buon padre di famiglia, accompagnate dal vecchio caro buon senso, fanno ancora effetto in una popolo che a tratti appare stordito e perfino indifferente ai valori della condivisione e alla pietà. Mattarella ha sottolineato più volte la parola “convivenza”.
Abbiamo visto il ritorno del razzismo e della violenza nel calcio. Vecchio male delle tifoserie italiane (ma questi sono veri tifosi?) contro il quale non si vogliono trovare soluzioni. Sembrano tutte scontate o eccessive: dal chiudere gli stadi allo sospendere le partite, dalle condanne alle penalizzazioni. Ormai gli interessi attorno al pallone sono talmente enormi che riesce sempre più difficile emarginare il male. Ma lo sport vero è un’altra cosa, ciò che occorre è il coraggio e forse è questo che difetta e non soltanto nella dirigenza del calcio.
Abbiamo visto segnali inquietanti di rifiuto dell’altro, di paura del diverso, talvolta spinti fino alla soglia dell’odio. Anche su questo Mattarella ha detto qualcosa. Ha chiesto: “Basta odio e insulti, sicurezza c’è se tutti si sentono rispettati”. E’ molto più di un messaggio, è la voce di un paese intero alla quale si è aggiunta quella di Papa Francesco.
Abbiamo visto la natura ribellarsi un’altra volta e abbattersi sul Veneto. Ha devastato il nord della regione, fustigato e allagato boschi e foreste, piegato alberi secolari, trascinato tronchi che sembravano leggeri e fragili come stuzzicadenti. Poteva mettere in ginocchio una terra con i suoi abitanti, ne ha risvegliato l’orgoglio e la solidarietà.
Abbiamo visto molti andare via, per loro quello che nella canzone è un istante è diventato l’eternità. Uomini anche importanti, che hanno contribuito a far crescere il Nordest nel quale viviamo. Tra gli altri se ne sono andati due fratelli Benetton, diversi nella genialità ma uguali nel costruire una famiglia che ha fatto la storia del Veneto. Se ne sono andati due fratelli Marzotto, eredi di una famiglia che il Veneto lo ha fatto una generazione prima.
Abbiamo visto un ponte crollare e spezzare decine di vite e grandi illusioni. Genova ferita a morte, ma non vinta. Il nuovo ponte dovrà ancora una volta unire, perché è questo che fanno i ponti. Una lezione anche per un’Italia che non può restare isolata, non può dividersi ancora tra un Nord che corre e un Sud che rallenta, non può fare a meno dell’Europa almeno quanto l’Europa non può fare a meno dell’Italia.
Penso che il nuovo anno sarà migliore, che perfino negli anniversari racconterà progressi e non retromarce dell’umanità. Ricorderà i 50 anni dalla conquista della Luna, la notte del 20 luglio 1969, quando davvero la luna per gli uomini entrò nelle case. Quella notte il mondo non dormì, l’astronauta americano che si posò per primo sulla Luna disse: ” Per un uomo è un piccolo passo per il genere umano è un balzo gigantesco ”. Il vecchio sogno era raggiunto.
Purtroppo saranno anche 50 anni dalla prima strage della nostra democrazia, quando il terrorismo scelse il pomeriggio di un venerdì e una banca a Milano, la Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana. Era il l 12 dicembre 1969, vigilia di Santa Lucia, giorno di mercato, la rotonda affollata di agricoltori. La bomba, confezionata con sette chili di tritolo, nascosta in una borsa, esplose facendo sedici morti e più di cento feriti, un bimbo perse la gamba. L’orologio si fermò sull’ora della strage, il primo di troppi orologi mai andati avanti. La prima di decine di stragi rimaste impunite, i primi di centinaia di morti quasi tutti senza giustizia. Quella bomba era stata messa insieme nel Veneto! Fu quel giorno che l’Italia della Repubblica perse la sua innocenza.
Saranno anche 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, novembre 1989. Era l’ultima divisione fisica tra l’Est e l’Ovest d’Europa, tra democrazia e comunismo, tra passato e futuro. Il muro cadde, mattone per mattone, e Berlino fu città unita e dopo poco anche tutta la Germania ritornò unita. In pochi anni il comunismo fu quasi archiviato e l’Unione Sovietica abbandonata anche nella sigla per far posto a una Russia di nazioni. Il mondo non fu più lo stesso.
Ci resta tanta strada da percorrere, non dobbiamo abbassare la guardia. Don Bruno Baratto, un sacerdote veneto che guarda avanti, che da molti anni realizza la Festa dei Popoli a Giavera del Montello mettendo insieme culture e genti, mi ha mandato gli auguri per il nuovo anno. Scrive: “Buon 2019 di speranza ostinata e tenace che non ci lasci dormire in facile pace”. Ecco, è difficile trovare parole più adatte per quello che voglio dire: ci vuole realmente una speranza ostinata per credere nel futuro e anche il coraggio di non adagiarsi sulle cose facili.
Edoardo Pittalis