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Se Anastasi o Tomasini…

Se Pietro Anastasi non avesse avuto voglia di scherzare prima di partire per Città del Messico, Italia-Germania avrebbe avuto un esito diverso? Ricostruiamo i fatti. Maggio del 1970. Anastasi è pronto per partire con altri ventuno compagni per la più bella avventura della sua vita: i mondiali di calcio in Messico. È così felice che la sera prima della partenza in un albergo di Roma scherza e ride con un suo amico: il massaggiatore Spialtini, che, oltre ai muscoli degli azzurri, cura quelli dei giocatori della Juventus e di stelle della danza classica come Carla Fracci. Anastasi è così felice di partire  che ne combina di tutti i colori alla sua vittima Spialtini: gli tira i capelli, gli dà degli scappellotti, gli fa il solletico.

Se non l’avesse fatto

Spialtini manda un primo avvertimento: “Dai, Pietro, smettila!”  Pietro, però, continua e Spialtini replica con una manata che colpisce i genitali dell’attaccante. Un grande dolore, ma, sul principio, non sembra nulla di grave. Il dolore non passa e la sentenza del dottor Fini, il medico della nazionale, è una condanna per i sogni di Anastasi, per il morale di Spialtini, che non se lo perdonerà mai, e per Valcareggi che si ritroverà a dover scegliere un sostituto in pochi minuti perché Anastasi, per via del colpo subito, ha avuto un versamento testicolare e deve essere operato d’urgenza.

Addio sogno

Alle 5 del mattino squilla il telefono di Roberto Boninsegna, detto Bonimba, il primo degli esclusi, che, mentre stava cercando di digerire la delusione per la mancata convocazione, si ritrova a fare le valigie per il Messico. Senza Roberto Boninsegna Italia-Germania del 17 giugno del 1970 avrebbe avuto un altro esito e non sarebbe stata sicuramente la partita del secolo, perché Bonimba segnò il gol dell’1 a 0 per gli azzurri e, soprattutto, fornì l’assist del decisivo 4 a 3 a Rivera, consegnando la partita alla leggenda. Forse con Anastasi l’Italia avrebbe vinto 3 a 0 con tripletta di Pietruzzo, forse avrebbe vinto la Germania. Nessuno lo può dire.

E se Tomasini?

Se Giuseppe Tomasini non avesse incontrato i tacchetti di Romeo Benetti in un Cagliari-Sampdoria del gennaio del 1970, Italia-Germania avrebbe avuto un esito diverso? Vediamo cosa capitò. Nel gennaio del 1970 Giuseppe Tomasini è il libero del Cagliari che sta dominando da mesi il campionato e si avvia a vincere il campionato. Tomasini è stato avvicinato da Valcareggi, ancora alla ricerca di un libero titolare in vista dei mondiali messicani. L’allenatore della nazionale è chiaro: “Stai giocando bene. Alla prossima convocazione ti chiamerò per farti giocare. Se mi convinci, verrai in Messico e sarai il libero titolare.” Scudetto, nazionale, mondiali. Tomasini vola.

Alla sedicesima giornata del campionato 1969/70, prima di ritorno, il Cagliari ospita la Sampdoria, nei blucerchiati gioca Romeo Benetti. In un contrasto durissimo con quest’ultimo i sogni di Tomasini vengono spazzati via: il biglietto aereo per il Messico stracciato in mille pezzi, la maglia della nazionale diventa un’illusione, la carriera ridimensionata.

Al suo posto Scopigno, il geniale allenatore dei sardi, s’inventa Pierluigi Cera, una mezzala dai piedi buoni. Nasce così il libero costruttore di gioco, una delle più belle invenzioni del nostro calcio, che dopo Cera produsse altri magistrali interpreti del ruolo come Scirea e Franco Baresi.  Cera diventò anche il libero della nazionale e ai mondiali fu una delle sorprese più belle. Come sarebbe stata Italia-Germania con Tomasini libero? 

Nessuna storia se non c’è anche leggenda

Gli episodi leggendari e con essi le partite leggendarie sono fatte dagli uomini ma nascono da episodi casuali. La sfortuna altrui (Anastasi, Tomasini) può generare la fortuna di altri (Boninsegna, Cera).  Lo stesso telecronista della RAI che commentò Italia-Germania, Nando Martellini, trovò la gloria, diventando la prima voce delle partite della nazionale, per un incidente diplomatico del re dei radio-telecronisti Niccolò Carosio che avrebbe insultato in diretta il signor Seyoun Tarekegn, guardalinee etiope, dandogli del “negraccio” per aver sbandierato un fuorigioco inesistente sul gol di Gigi Riva al 29′ del secondo tempo di Italia-Israele nel girone eliminatorio dei mondiali del 1970.

Dopo quella partita, non fu più concesso a Carosio di commentare l’Italia e il giovane Martellini divenne, in corsa, la prima voce degli azzurri e raccontò agli italiani, pochi giorni dopo, Italia-Germania.

Domenico Ciotti

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