Tradizione e trasgressione
Al termine Cultura, che il vocabolario descrive come “complesso delle tradizioni scientifiche, storiche, filosofiche, artistiche, letterarie, di un popolo o di un gruppo di popoli”, corrisponde il senso di: “gruppo accomunato dalla professione di un identico culto religioso”. Interessante e suggestiva l’equipollenza implicita tra tradizione e gruppo, tra conoscenza e culto.
Gli elementi
Ogni elemento di conoscenza, in sostanza, per essere definito culturale, deve diventare parte di un insieme di significati più vasto, più stabile, più antico e venerando. Un frammento della visione del mondo all’interno della quale gli individui affondano le radici stesse del proprio sentimento d’identità. Dove ogni cosa acquista il credito e il valore speciale delle cose vere. Se da una parte va ribadito il “peso” della tradizione, dall’altra è però necessario sottolineare che nessuna conoscenza è stata da sempre conosciuta. Nessun rito da sempre istituito, nessun culto da sempre professato. Dunque deve essere riconosciuto un ruolo indispensabile alle capacità creative e conoscitive degli individui.
Il processo creativo-conoscitivo
Il processo creativo-conoscitivo, quello che consente autodeterminazione ed emancipazione, implica però sempre una violazione di norme ed è in sé, dunque, anche tradimento. La semantica del tradimento si rivela ambigua. Se da un lato significa consegnare, ed è caricato di connotati etici negativi, dall’altro il termine trado è composto di due morfemi. “Trans”, che implica passaggio e “do”, dare. Trado può così significare sia trasportare che consegnare, affidare. Il sostantivo traditio sta perciò per consegna, trasmissione, insegnamento, da cui il “nome agentis” traditor che significa sia traditore che colui che insegna. J. Hillman:“la capacità di tradire gli altri è affine alla capacità di guidarli.”
La relazione tradizione-trasgressione
La relazione tra tradizione e tradimento è dunque stretta. Ogni tradizione, è frutto dell’accumularsi di una stratificazione di atti conoscitivi tramandati. Potremmo perciò dire che ogni cultura sia il prodotto di tutti quei modi nei quali una comunità si è allontanata (tradendola) dall’inconsapevolezza ancestrale. Non è pensabile dunque disconoscere al cambiamento un ruolo positivo e decisivo, tanto nella fondazione che nello sviluppo di ogni matrice culturale. È interessante dunque, esaminare quali rapporti intercorrano, nelle diverse culture, tra l’ordine costituito e i fattori di cambiamento. La storia dell’umanità è segnata dalla successione di incontri e di scontri, tra strutture socio-culturali consolidate e fattori di cambiamento. Di fronte a queste “crisi”, le civiltà hanno a volte saputo trarre estremo beneficio, altre volte hanno finito col soccombere, ed è praticamente impossibile prevedere a lungo termine gli effetti di una trasformazione mentre sono in atto.
Fattori di cambiamento della tradizione
In ogni caso, i fattori di cambiamento, non sembrano esercitare un effetto omogeneo né simultaneo su tutte le componenti della struttura sociale. La disposizione o la resistenza alla trasformazione paiono piuttosto due polarità poste agli estremi di un continuum. Alcuni individui o segmenti della società, sono infatti in grado di trarre benefici dal cambiamento o comunque maggiormente abili ad adattarvisi. Per altri la trasformazione in atto può rappresentare una penalizzazione o un limite insuperabile. Cosa caratterizza dunque gli adattamenti che si rivelano disastrosi? E in che cosa differiscono da quelli che sembrano essere benefici e che restano benefici nel corso della storia? La domanda è pressante e tocca da vicino gli attuali dilemmi della nostra civiltà.
Ai tempi di Darwin
Se ai tempi di Darwin, ogni invenzione appariva benefica; oggi non è così. A livello sociale non è mai garantito che le invenzioni e gli stratagemmi che vengono premiati nell’individuo – o in piccoli gruppi – siano necessariamente vantaggiosi. Al contrario, le linee politiche scelte dai rappresentanti della società, non sono necessariamente vantaggiose per la sopravvivenza degli individui. Come accelerare, dunque, senza pericolo il cambiamento della struttura sociale per evitare l’obsolescenza? Nell’evoluzione biologica la regola è semplice. Gli effetti del funzionamento che si manifestano in forma immediata nel corpo dell’individuo, non potranno mai interferire con il codice genetico individuale. La barriera che proibisce l’ereditarietà “lamarckiana” (Barriera di Weissman) protegge appunto il sistema genetico da un cambiamento troppo rapido, causato da esigenze magari passeggere dell’ambiente. Ma, nelle culture e nei sistemi sociali, non esiste una barriera equivalente.
La società moderna e la tradizione
Soprattutto nelle società moderne, le innovazioni vengono spesso adottate in modo irreversibile e inserite nella dinamica del sistema senza che ne venga verificata la validità a lungo termine. I cambiamenti necessari vengono ostacolati dal nucleo degli individui conservatori, senza alcuna garanzia che siano proprio quelli i cambiamenti da ostacolare. L’obsolescenza non deve perciò essere eliminata semplicemente accelerando il cambiamento della struttura, né può essere evitata semplicemente rallentando i cambiamenti funzionali. È chiaro che non vanno bene né un conservatorismo assoluto né un’assoluta brama di cambiamento. L’ideale sarebbe guardare sempre ad una prospettiva più lontana, ad una Gestalt più vasta, senza dimenticare che il benessere individuale va coniugato alle esigenze di un contesto più ampio. Ben oltre il solo vantaggio umano.
Rubrica a cura dello psicologo Federico Battaglini