Cannabis light, reato il commercio dei derivati
Per la Cassazione è “Reato il commercio dei prodotti derivati dalla cannabis light”. La sentenza delle sezioni unite penali della Cassazione è destinata ad avere un impatto enorme: il mercato della canapa in Italia vale oggi circa 80 milioni di euro in crescita a tassi del 100% l’anno
Cannabis light
È reato il commercio di prodotti derivati dalla cannabis. Lo ha deciso il massimo consesso della Cassazione riunita a sezioni unite penali dando notizia della soluzione adottata.
Il comunicato
La commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53 Ce del Consiglio,del 13 giugno 2002, e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati“.
La decisione
La decisione è stata presa dalle Sezioni unite della Cassazione, l’organo preposto a decidere quando le singole sezioni sono in disaccordo tra loro. La Procura generale della Cassazione aveva chiesto di “trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale” poiché in merito alla questione della cannabis light si erano già espresse, con interpretazioni contrastanti, la Quarta e la Sesta sezione della Cassazione. Se per la prima il commercio di canapa light è vietato, per la seconda è lecito. Ora la sentenza che pone un colpo ferale al mercato delle infiorescenze della cannabis light.
Cannabis light, cosa cambia
La sentenza ha suscitato panico negli operatori del settore, ma Carlo Alberto Zaina, avvocato di un commerciante di derivati della cannabis di Ancona spiega che la soluzione adottata dalla Suprema Corte “non fornisce un riferimento preciso” nella definizione di ‘efficacia drogante’. “La frase sull’efficacia drogante è un po’ sibillina e può creare un paradosso: se un commerciante vende infiorescenze che sono definite fuori legge ma con percentuali di Thc limitata tale da non suscitare effetto drogante non commette un reato, e dunque può venderla”.
Cannabis light, cosa succede ora
“Siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma, e a favore del divertimento sano” dice il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, commentando la sentenza della Cassazione sulla vendita o la cessione di alcuni prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis.
La legge
La legge 242 non prevedeva l‘uso ricreativo dei derivati della cannabis light che pertanto rimaneva già a tutti gli effetti non consentito e proibito dalle precedenti leggi in materia sanitaria che restano valide e invariate. Per questo la cannabis light non si può comunque fumare. Inoltre, anche se la percentuale di THC è molto bassa, potrebbe far risultare positivi ai test antidroga e far risultare quindi illegale mettersi alla guida.
Cannabis light terapeutica
Diversa è la cannabis terapeutica, che in
Italia viene prodotta esclusivamente dallo stabilimento chimico farmaceutico
militare di Firenze e contiene THC in una percentuale che va dal 5% all’8%.
Viene distribuita solamente per essere venduta nelle farmacie che la utilizzano
per diverse preparazioni rigorosamente sotto prescrizione medica.