Adesso Conte teme nuove chiusure
Un numero così alto di casi positivi riscontrati in un solo giorno non c’era mai stato, nemmeno a marzo, picco massimo dell’epidemia. Sono stati 7.332 i contagiati ieri in Italia, contro i 5.901 del giorno prima e i 6. 557 del 21 marzo. E ora che la paura nel paese cresce, il premier non esclude più un lockdown. «Prendiamo le misure per evitarlo», si limita a dire. Certo, a marzo i tamponi effettuati erano stati 26mila, mentre ieri oltre 152mila. E il rapporto positivi/tamponi era pauroso, il 25%, uno su 4, mentre oggi è al 4,8% come media nazionale. Allora i morti erano 793, ieri 43. Ma non significa che la situazione sia sotto controllo. Il campanello d’allarme è l’aumento impressionante dei ricoveri: 464 in un solo giorno, più altri 25 pazienti finiti in terapia intensiva (martedì si era arrivati a 62).
La situazione in Italia
Ora il totale in Italia è di 539 persone in terapia intensiva, e 5.470 ricoverati con sintomi. La Lombardia torna ad essere osservata speciale, con numeri da lockdown. I nuovi contagiati sono schizzati dai 1. 080 di martedì ai 1. 844 di ieri, con 29mila tamponi e un rapporto del 6,3%. Solo a Milano e provincia i nuovi casi sono stati 1.031 contro i 440 di ieri. L’altra regione nel mirino è la Campania, con 818 nuovi positivi, 183 in più di ieri. A ottobre, una clamorosa fiammata del virus: 7.904 tamponi positivi in 14 giorni. Ma ci sono numeri pesanti anche in Veneto, che conta 657 nuovi contagiati (martedì erano 485) e in Toscana, con 575 casi positivi. L’ultima settimana ha rivelato un incremento mai visto, un raddoppio dei casi in sette giorni: da 17. 254 a 35.208 nuovi infettati, più 104%. C’è stato un nuovo record di tamponi, ma anche un aumento dei contagiati rispetto ai test fatti. In un colpo solo, quella percentuale è passata da 2,4% a 4,3%.
Lo spettro del lockdown
Di fronte a questo scenario, gli esperti sono pessimisti. Lo stesso Giuseppe Conte non esclude più un lockdown a Natale evocato dagli scienziati: «Molto dipenderà dal comportamento dei cittadini. Noi continueremo ad aggiornarci costantemente con le regioni, i presidenti hanno la possibilità di introdurre misure più restrittive se necessario». La linea è quella di lasciar fare ai governatori. Ma se aumentassero molto i contagi, il lockdown non riguarderà le attività produttive: fabbriche e aziende non richiuderanno. Secondo fonti di governo, si procederebbe eventualmente a ritroso rispetto alle riaperture dopo il lockdown di primavera: fermando prima cinema, teatri e palestre, poi parrucchieri e centri estetici, quindi ristoranti e bar, ultimi i negozi. Sul problema, drammatico nelle grandi città, dei trasporti a rischio Covid, il governo ribadisce il no alla famigerata didattica a distanza; e piuttosto stanzia nuovi fondi nella prossima finanziaria per le regioni, incoraggiando il ricorso a Ncc e bus turistici. Ben felici di sopperire così al calo di fatturato. E anche se la ministra Paola De Micheli dice che i protocolli funzionano, che «generalmente viene rispettata, durante le ore di punta, la percentuale di riempimento dell’80%, nelle città la percezione è ben diversa.
Allineare gli orari
Fatto sta che quell’80% non scenderà al 50%, come inizialmente avevano chiesto gli scienziati. E quindi si corre ai ripari come si può. «Dobbiamo incentivare di più lo smart working perché questo favorirebbe un abbassamento della frequentazione del trasporto pubblico», dice il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti. «Chiediamo di avere la disponibilità a differire l’inizio delle lezioni e qualche soluzione che consenta di ridurre il numero di persone in certi orari della giornata», dice Attilio Fontana, presidente della Lombardia. E infatti al termine dell’incontro della De Micheli con regioni e comuni, il Mit fa sapere che si lavorerà per aiutare le aziende di trasporto a programmare il servizio, facendo comunicare dagli uffici scolastici gli scaglionamenti di ingresso e uscita dei ragazzi.