500 giovani medici in assunzione
«L’amministrazione del Veneto non chiude mai, scrivetelo, scrivetelo… ». Con queste parole Luca Zaia esordisce lanciando la proposta di assumere 500 giovani medici. Per fronteggiare i vuoti in corsia che minacciano l’erogazione di cure primarie, la Regione assumerà, con contratti di lavoro autonomo, giovani medici, laureati e abilitati. Ma ancora privi della specializzazione, requisito richiesto dalla legge nazionale per l’accesso al servizio sanitario.
Lo strappo alla legge
Frequenteranno un corso di formazione pratico e teorico. Quindi, con il tutoraggio di colleghi “strutturati”, saranno destinati agli ospedali. 320 al pronto soccorso, 180 all’internistica (medicina generale e geriatria). L’operazione avrà un costo annuale di circa 25 milioni. La quasi totalità legati agli stipendi erogati alle nuove reclute. «Non chiuderemo i reparti, se impugnano la delibera ci difenderemo». Chiosa il governatore.
Il bando per giovani medici
Uno strappo dichiarato ai vincoli legislativi (il primo in Italia). L’assessore alla sanità oppone un grimaldello. «È una delibera che non cade dal cielo, ci abbiamo lavorato per mesi». Afferma Manuela Lanzarin «questa deroga alla specialità “preventiva”, con la possibilità di formazione successiva all’assunzione, è prevista dal nostro Piano socio sanitario 2019-2023. Che ha valore legislativo e non è stato impugnato dal Governo entro i termini consentiti. Una strada nuova che desta evidente interesse. Presto ne discuterà la Conferenza dei presidenti di Regione e l’argomento anima già il confronto tecnico-ministeriale sul futuro Patto nazionale per la salute». Provvedimento controfirmato da Domenico Mantoan, assente per le vicende sarde. «È in vacanza, tutto qui, ma è confermato nell’incarico e lavora a pieno titolo». Dice Zaia.
Il concorso per giovani medici
Il percorso formativo che precederà la fase dell’inserimento nei poli ospedalieri sarà curato dalla Fondazione scuola di sanità pubblica. Comprenderà 92 ore di formazione d’aula e un’attività di tirocinio pratico (con tutoraggio) di due mesi consecutivi, in area internistica. La stessa Fondazione pubblicherà, entro il 15 ottobre, un avviso rivolto ai medici non specializzati per raccogliere le adesioni. Rivolte all’intero territorio nazionale e dall’esito non scontato: di recente Azienda Zero ha pubblicato tre bandi. Risultano in graduatoria soltanto 22 medici specialisti e 24 laureati giunti all’ultimo anno di specializzazione.
L’assistenza
«Arrendersi non è nel nostro dna», rincara Zaia «per questo abbiamo tradotto in azioni concrete quanto già avevamo previsto nella programmazione sanitaria. In Italia mancano 56 mila medici e nel Veneto scontiamo un deficit di 1300 figure. C’è in ballo l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza, un obbligo costituzionale al quale non intendiamo sottrarci. Lo facciamo a modo nostro. Cioè garantendo la qualità dei professionisti e la sicurezza dei pazienti con un percorso formativo che fornirà medici giovani ma già preparati e bravi» .
L’errore alla base
«La verità è che stiamo agendo in un quadro di programmazione nazionale sbagliata: i test d’ammissione irrazionali e scoraggianti. Le borse statali di specialità insufficienti rispetto al numero annuo di laureati, nonostante le sessanta supplementari che assicuriamo noi stanziando dieci milioni. Il cammino di studi molto più lungo rispetto agli altri Stati europei».
No alla chiusura
Prevedibili i contenziosi. Anche alla luce della sentenza della Corte di Cassazione. 48 ore fa, respingendo la richiesta di un risarcimento da parte di ex specializzandi impiegati in corsia. Ha stabilito che la loro è da ritenersi «attività formativa e non già lavorativa». «Gli immancabili esperti storceranno il naso. Ma se ci saranno ricorsi sapremo difenderci. Alternative? Finora non sono pervenute proposte concrete, tranne quella di tagliare o chiudere i reparti. Cosa che non prenderemo mai in considerazione».