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In via Piave torna la droga

Via Piave ricade nel buio dello spaccio di droga. Eppure era stata rifatta ex novo la rete di recinzione con pali di sostegno più robusti. Proteggevano il caseggiato dagli spacciatori che entravano facilmente nel giardino condominiale. Non è servita a niente. Gli spacciatori hanno continuato a nascondere le dosi di eroina in mezzo alle piante.

Una battaglia infinita

A scoprire il nascondiglio dei pusher è stato un abitante del condominio di via Piave. Inizialmente ha trovato due dosi di eroina nascosto in una pianta di fiori. Palline di droga confezionate con del cellophane che ha consegnato ai carabinieri. Passano pochi giorni e il fatto si ripete. Tra i rami altre cinque palline della stessa sostanza consegnate alla polizia locale. A questo punto è stata controllata la rete di recinzione ed è emerso che i pusher avevano sollevato il fondo e riuscivano a nascondere lo stupefacente nella pianta.

La tecnica

Gli spacciatori non hanno addosso più della dose che poi vendono al cliente. Di solito sono in due. Uno tratta, l’altro recupera la droga dal nascondiglio del giardino di via Piave. In questo modo è più difficile incastrarli perchè se vengono fermati hanno solo modiche quantità addosso e se la cavano con poco.

La soluzione?

A farne le spese è stata la pianta di fiori. E’ stato deciso di tagliarla ma le sorprese non erano finite. Tagliando i rami, sono uscite altre cinque dosi. Ora la pianta dell’eroina non c’è più.

Gli abitanti

Gli stessi abitanti di quella zona dicono che i pusher sono tornati. Si tratta di africani e tunisini che hanno trovato una sorte di pax di strada in via Piave. Entrambi vendono eroina anche se i tunisini spacciano anche cocaina e marijuana. Le forze dell’ordine non mollano la presa sulla zona. Ma, nonostante questo, gli spacciatori sono tornati.

Gli spacciatori

Non sono quelli dell’anno scorso. Sono nuovi spacciatori e per il momento l’eroina sequestrata e fatta analizzare trovata in via Piave non ha il principio attivo dell’”eroina gialla” che ha provocato la morte di 23 tossicodipendenti. Per undici di loro sono chiamati a rispondere i 41 nigeriani destinatari di altrettante misure cautelari in carcere disposte dalla procura di Venezia. Trentanove sono ancora in carcere dall’arresto.

A.C.M.

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