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Brugnaro preoccupato. Due miliardi per l’emergenza

Il Mose? Quello rischia perfino di essere il meno se si vuole mettere in sicurezza non solo Venezia dall’acqua alta, ma tutto il territorio dal rischio allagamenti. Perché di schei per evitare di correre pericoli come quello scampato nei giorni scorsi, ce ne vorranno davvero molti di più dei 560 milioni di euro stimati per completare le dighe mobili alle bocche di porto. Quanti? Tanti, tantissimi. «Due miliardi» butta lì Luigi Brugnaro che, se pensa a questa cifra, vuol dire che quattro conti li ha fatti. «Ma l’Italia deve capire che bisogna difendere Venezia, e io sono pronto ad andare ovunque per spiegare che cosa bisogna fare. Ho già le valigie fatte, basta che mi chiamino».

Brugnaro ha le scarpe – anzi, degli scarponcini neri alti – ancora infangati. Per tutta la mattina è stato in sopralluogo in terraferma, tra cimiteri e cantieri dove la terra è ancora intrisa dell’acqua piovuta in questi giorni, che è niente rispetto agli allagamenti avvenuti nel Sandonatese per la piena del Piave o all’acqua alta da record che lunedì ha affondato il centro storico. «Fortuna ha voluto che l’onda di piena non abbia coinciso con l’alta marea, altrimenti sarebbe stato un disastro – commenta -. Grazie al giro dei venti e a qualche ora di scarto ci siamo salvati, ma si può davvero pensare di continuare così? Qui vanno messi in campo interventi di ingegneria idraulica che non possono limitarsi solamente al Mose, ma devono riguardare tutto il territorio. Un’infrastrutturazione complessiva per la messa in sicurezza anche del Lido e Pellestrina, come di Marghera, San Giuliano e la terraferma».

Lunedì, nelle ore più critiche per l’acqua alta con il picco di 156 centimetri registrato alle 14.40, il sindaco aveva ricevuto le telefonate del Capo dello Stato Sergio Mattarella, del premier Giuseppe Conte e dei ministri Toninelli e Salvini. A parte il messaggio di vicinanza arrivato da Roma, cosa vi siete detti?

«Adesso non parlo degli altri, anche se il Presidente della Repubblica si è sempre dimostrato un grande amico della città e io sono, lo sapete, sempre filogovernativo – risponde Brugnaro -. Prima però voglio andare a spiegare, e bene, tutte queste cose. Aspetto solo che mi chiamino».

«Il Mose va portato a termine quanto prima e dato in gestione allo Stato. I problemi ci sono e il governo sta tentando di risolverli» ha detto intanto in questi giorni la deputata del Movimento 5stelle Arianna Spessotto.

«Spessotto ha detto che i soldi ci sono? – chiede Brugnaro -. Io non ne so nulla. Quello che so, invece, è che il sistema di salvaguardia di Venezia non si ferma solo alle bocche di porto. Finire il Mose non basta: abbiamo opere da completare a Pellestrina, al Lido, i marginamenti di Porto Marghera dove, se mi entra l’acqua, si finisce per avvelenare la laguna, San Giuliano e Mestre. E poi servono collettori, idrovore… Quanto costa tutto ciò? Completamento del Mose escluso, ci vorrebbero 2 miliardi di euro. Una cifra necessaria, ovviamente da pianificare, ma che bisogna recuperare per una città come la nostra che ha dato prova di saper mettere in campo un’opera di efficientamento della macchina amministrativa, migliorando i risultati e riducendo il deficit».

I mosaici della Basilica di San Marco finiti sott’acqua e invecchiati di 20 anni in un solo giorno dopo essere stati coperti per 16 ore dall’acqua, sono un’altra ferita sul corpo della Serenissima. «Anche qui voglio vedere cos’è successo – riprende il primo cittadino -. Intanto c’è da gestire il quotidiano perché bisogna andare avanti, rimettere in piedi la città e bisogna farlo tutti insieme. Lo dico anche a quelli coi fumogeni che, magari in buona fede, quando protestano contro il Mose, contro le crociere o contro qualsiasi cosa, non fanno altro che danneggiare la città. Tutti siamo contrari alle grandi navi davanti a San Marco e tutti ormai siamo per il completamento delle opere. Ma il risultato di queste proteste è stato quello di allungare i tempi o di fare arrivare col contagocce i fondi per le opere già finanziate. Per questo serve al più presto un’interlocuzione con il Governo, perché le opere avviate vanno finite e fatte funzionare».

A.V.

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