politica

Nasce la Lega tricolore ma Da Re rischia

Archiviato il secessionismo antisudista delle origini, sbianchettato il Nord in nome della vocazione tricolore, la Lega 2.0 di Matteo Salvini si avvia a cambiare nome e statuto per segnare, in via drastica e definitiva, la discontinuità rispetto all’eredità bossiana. Nel Veneto il partito è accreditato di una quota ingente di consensi, nell’ordine del 40% almeno, amministra città e Regione, concorre al Governo con i ministri Fontana e Stefani e un drappello di sottosegretari; ma chi assumerà il timone del nuovo corso?

La questione è di evidente attualità alla luce della rotta tracciata dal consiglio federale di via Bellerio che prevede, a grandi linee, il commissariamento dei vertici regionali tra fine anno e inizio 2019, l’avvio di una nuova campagna di tesseramento – cancellata la dizione nordista, resterà il logo di Alberto da Giussano con la scritta “Lega per Salvini premier”- in vista del primo congresso fondativo del nuovo soggetto politico, che sarà convocato all’indomani del test amministrativo e delle elezioni europee di primavera. I prossimi mesi, così, saranno scanditi dal confronto interno in vista di una candidatura credibile (e condivisa magari) alla segreteria.

Ad oggi, le redini lighiste sono rette da Gianantonio “baffo” Da Re, coadiuvato dal presidente Massimo Bitonci. A quanto si apprende, il veterano di Vittorio Veneto sarebbe orientato a riproporsi alla guida del partito ma la circostanza appare problematica. Da più parti – sezioni, consiglieri regionali, parlamentari – si segnala l’esigenza di un cambio generazionale, più in sintonia “mediatica” con il nuovo corso salviniano. Permane, inoltre, un sordo malessere eredità dell’ultima tornata delle politiche, quando le liste compilate dalla coppia Da Re-Bitonci suscitarono non pochi scontenti (incluso il governatore Luca Zaia, che dichiarò di non essere stato consultato in materia) e in qualche caso – leggi il Padovano – proteste plateali.

Ma chi contenderà l’incarico all’uscente? I rumors raccolti tra soffiate e e smentite , alludono a volti noti del leghismo nostrano: l’assessore zaiano Roberto “bulldog” Marcato, l’europarlamentare Mara Bizzotto, il capogruppo all’assemblea regionale Nicola Finco, il giovane deputato vicentino Erik Pretto e – last but not least – il parlamentare trevigiano Dimitri Coin, oggi vicecapogruppo alla Camera. Tutti spendibili (e perciò muti come pesci in attesa degli eventi); nessuno, al momento, nettamente favorito sui rivali. Che altro?

Forse Da Re vedrà prorogato il mandato fino al congresso, forse l’impasse indurrà Salvini ad affidarsi ai fedelissimi – il ministro Lorenzo Fontana anzitutto, il padovano Marcato a seguire – certo che è l’esigenza di una leadership appare lampante. «In Veneto siamo un esercito senza condottieri», lamenta un consigliere che siede a Palazzo Ferro-Fini «raccogliamo una valanga di voti grazie a Salvini e a Zaia ma lo scollamento e l’assenza di strategia sono sotto gli occhi di tutti». Se così è, a porvi rimedio non basteranno le manovre di corridoio.

C.C. 

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