Vincenzo Lovino: “Si deve favorire l’iniziativa imprenditoriale”
L’altro giorno un mio amico è andato ad accendere un contratto per l’elettricità presso un ente in una cittadina della provincia di Padova. E’ rimasto sbalordito dalla presenza in questo ufficio di “veci”, così li ha definiti, che erano presenti in massa, creando una fila enorme, allo scopo di ottenere la rateizzazione delle bollette Gas e Luce che non erano riusciti a pagare nei mesi precedenti.
Ancora, un altro amico è andato a recuperare presso un ufficio postale una raccomandata. Anche lì, fila “lunga”, ma di persone che avevano in mano la fascetta per ritirare raccomandate della Agenzia delle entrate. Uno di questi, dopo aver ritirato la raccomandata esplode e abbastanza ad alta voce in dialetto locale dice: “Dove vogliono portarci questi? riceviamo 1 anche 2 raccomandate al mese. È impossibile pagare tutte queste tasse e sanzioni. Chiudo tutto e faccio prima”.
Questa frase, buttata con il cuore evidentemente, mi ha molto fatto riflettere: “Chiudo tutto e faccio prima”. Uno Stato, ed in particolare quello italiano, dovrebbe favorire l’iniziativa imprenditoriale, dovrebbe favorire il commercio e la nascita di nuove attività. Ricordiamoci che proprio il tessuto imprenditoriale è stato l’asse portante del Nordest, portando economia e benessere sul territorio per almeno 2 generazioni. Questo ha permesso che i nostri figli trovassero lavoro “sotto casa”. Questa condizione è andata avanti per anni. Ora invece qualunque iniziativa, qualunque “voglia di fare”, a causa di scelte di politica economica e sociale folli antecedenti e conseguenti la Pandemia, viene “castrata” all’origine.
Chi penserebbe mai di aprire un’attività commerciale/imprenditoriale con uno Stato che invece di agevolarti ti manda subito la richiesta di contributi INPS per oltre 4200 annui, che devi per forza pagare a prescindere dai tuoi volumi di affari???
Il commercialista, la camera di commercio ed inoltre i prezzi altissimi di artigiani vari per effettuare i tuoi progetti, ti affossano qualunque pensiero creativo e voglia di fare.
E quindi i nostri giovani scappano all’estero. Oppure rimangono a casa di mammà, alternando alcuni mesi di lavoro ed altri di assistenza economica con Naspi e contributi vari.
Per invertire questa tendenza culturale, creata e voluta per mancetta elettorale da alcuni partiti favorevoli all’uso indiscriminato del reddito di cittadinanza, serve un cambio di passo epocale.
Tutti noi dobbiamo dare il nostro contributo al cambiamento.