Un collega nella strage della Rambla
I giornali non ne hanno parlato. Fortunatamente lui, la sua ragazza e i suoi amici erano tutti tra gli italiani illesi. Destino? Fortuna? Non si sa ma il loro appartamento distava solo 150 metri dal luogo dell’attentato di Barcellona. Gianpiero Maiello, il nostro web designer de ilsestantenews.it era lì in quei tragici momenti. Ha dato una mano a chi era ferito o spaventato ma anche lui, come i suoi amici, hanno dovuto far passare i giorni per metabolizzare l’orrore che avevano vissuto e solo ora Gianpi (come lo chiamiamo in redazione) ha trovato il coraggio di raccontare la sua storia, corredata da foto inedite.
Una storia mai raccontata da nessun giornale (dove spesso, se non c’è il morto che notizia è?) ma che vale più di mille testimonianze. Questa è la sua, la loro storia. “La nostra prima vacanza insieme; 4 ragazzi (2 coppie), a Barcellona da martedì 15 a sabato 19 agosto. Giovedì verso le 14 eravamo sulla Rambla e più precisamente al famoso Mercato de la Boqueria (dove terminerà la strage l’attentatore) e abbiamo deciso di prendere il pranzo lì. Vista la ressa di gente decidiamo di tornare in appartamento a mangiare con calma per poi ripartire. Il nostro appartamento era a 100-150 metri da lì. Finito di mangiare decidiamo di ripartire ma non per passeggiare sulla Rambla come previsto inizialmente, bensì cambiamo programma e decidiamo di recarci al Parc Labirint d’Horta a circa mezz’ora di strada.
Dopo poco dal nostro arrivo, ignari di tutto, riceviamo chiamate e messaggi dall’Italia dai nostri parenti e amici e ci rendiamo conto di quanto successo. Scossi, decidiamo di tornare verso l’appartamento per capirne di più. Intanto la metro ha chiuso le fermate della Rambla e quindi scendiamo all’ultima disponibile e da lì procediamo a piedi fino ad arrivare alle transenne della polizia prima de Plaza de Catalunya. Per strada incontriamo due italiani provenienti dall’Umbria, un ragazzino di 17 anni con suo padre. Visibilmente disorientati decidiamo di aiutarli e portarli con noi (il loro hotel era proprio di fronte alla fermata del mercato).
Lì notiamo il panico negli occhi delle persone, la preoccupazione, l’ansia. La gente rimasta chiusa nei negozi per questioni di sicurezza. Decidiamo di passare la notte poco fuori dal centro, in un ostello nei pressi del distretto di Gràcia. Ovviamente non abbiamo chiuso occhio, siamo rimasti svegli e vigili tutta la notte sui divanetti, in una delle sale comuni. Verso le sei e mezza del mattino seguente prendiamo un taxi che ci porta fino a Plaza de Catalunya (La Rambla non aveva ancora riaperto ai veicoli). Così continuiamo a piedi ripercorrendo tutta la Rambla. Lo scenario è di pura desolazione. Completamente vuota, transennata dai nastri della polizia. Sedie e tavoli dei locali rovesciati dalla fuga delle persone.
Passiamo di fianco al furgone dell’attentatore, ancora fermo lì e riusciamo ad arrivare all’appartamento. Sono le 7 del mattino. Tanta paura, sgomento, tensione ed incredulità ci hanno accompagnati in questo “viaggio”. Avremmo davvero potuto esserci anche noi lì. Verso metà mattina la Rambla ha pian piano riaperto e si è ripopolata, anche se non come prima. La gente ha avuto la forza ed il coraggio di reagire.
Ed è venuto fuori lo spirito di collaborazione ed aiuto. Ed è così che bisogna reagire al terrore: con la vita. Continuando a vivere la “nostra” vita, quella che gli attentatori vorrebbero annientare non facendoci più uscire di casa vivendo nella paura. La paura non si combatte solo con le armi ma, soprattutto, con la voglia di vivere”.
Gianpi chi scrive ha vissuto gli attentati a Bruxelles e sa cosa vuol dire leggere la paura negli occhi della gente ma sa anche cosa significa vederci nel fondo, come fosse un “vaso di Pandora” la speranza. La speranza e la certezza che nessuno ci negherà la voglia di ricominciare sempre a vivere.
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