Nella corsa all’autonomia l’Emilia spiazza il Veneto
Succede che mentre il Veneto leghista si avvia al referendum per l’autonomia litigando da mane a sera con Roma in un clima di reciproca insofferenza sempre più manifesto, l’Emilia-Romagna dem, quatta quatta e spalleggiata da un Governo “amico” a trazione tosco-emiliana, proceda a spron battuto sulla via del negoziato ministeriale. Con passi avanti concreti sul versante delle maggiori competenze e risorse previste dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, lo stesso che ha indotto la Consulta a legittimare la consultazione popolare indetta da Luca Zaia e Roberto Maroni. La trattativa condotta dai fiduciari del presidente Stefano Bonaccini, si apprende, è in «fase molto avanzata» e potrebbe culminare in un «primo accordo di principio. Fin dalle prossime settimane» e magari – scherzi del destino e della politica – prima del fatidico 22 ottobre, a dispetto dell’alleanza lombardo-veneta.
La notizia, filtrata da ambienti parlamentari del Pd, è sostanzialmente confermata da Gianclaudio Bressa, il sottosegretario agli Affari regionali “padre” del terzo comma e nemico dichiarato dell’appello referendario: «Il confronto con l’Emilia avanza spedito perché Bonaccini, a differenza di Zaia e Maroni, ha scelto la via negoziale indicata dalla stessa Corte e ci ha presentato proposte concrete e dettagliate anziché ricercare un plebiscito propagandistico che, al di là dell’esito, nulla aggiungerà a quanto già contemplato». «Sciocchezze, Zaia e Maroni spieghino piuttosto la necessità di spendere complessivamente 44 milioni per ritrovarsi, il 23 ottobre, nell’identica condizione di partenza. Abbiamo proposto loro più volte di sederci a un tavolo per discutere senza pregiudiziali, ci è stato opposto un rifiuto ostinato. Ma dopo il referendum, che mi auguro sarà disertato da quanti non abboccano alla propaganda, Zaia non potrà più sottrarsi al confronto né blaterare di statuto speciale, residuo fiscale e 90% delle risorse trattenute sul territorio. Questa non è autonomia, è secessione: se la persegue, lo dica con chiarezza».
Dopo la bocciatura del ricorso anti-referendum da parte del Tar di Venezia, ieri eguale sorte è capitata a quello presentato al Tribunale civile del capoluogo. In entrambi i casi i giudici hanno ritenuto valido il quesito ammesso dalla Corte, respingendo le istanze di sospensione di Dino Bertocco e Marcello Degni. All’avvio delle trattative, Zaia aveva augurato «buona fortuna» al collega Bonaccini, auspicando che «tutte le regioni in grado di assumere maggiori responsabilità» conseguissero l’obiettivo. L’improvvisa accelerazione impressa all’iter emiliano dal ministero, tuttavia, è giudicata «strumentale» a Palazzo Balbi, che prevede un «frettoloso accordo di facciata» e reputa «scorretto e in malafede» l’attacco di Bressa.
Giorgio Gasco