Giornate senza auto: antichi riti ambientalisti
Domenica prossima ci toccherà sorbirci l’ennesima inutile giornata ecologica in alcune città venete e italiane. Sappiamo che non serve a nulla, sia in concreto sia come generica informazione o educazione alla tutela dell’ambiente. A dire la verità a qualcosa serve: a ripetere antichi riti praticati da ambientalisti dello scorso millennio e non ancora estinti. Le giornate ecologiche sono come una bella festa a cui da sempre partecipano i soliti invitati e non si fanno nuove conoscenze. Così che provocano le proteste dei vicini che nessuno di preoccupa di invitare. Eppure, se la giornata ecologica svolgesse davvero una funzione di sensibilizzazione, dovrebbe rivolgersi proprio a chi invece non è mai invitato o viene escluso a priori per motivi ideologici. Per farlo occorrerebbero strumenti diversi più adatti ai tempi correnti.
Quando nacque l’idea delle giornate ecologiche si usavano ancora le macchine da scrivere e i dischi in vinile. Si parla infatti degli anni ottanta e le iniziative – allora innovative e quasi rivoluzionarie – avevano due scopi: (a) bloccare il traffico nelle città (allora molto più compatte di adesso) in modo da ridurre un inquinamento concentrato; (b) risvegliare una coscienza ecologica allora quasi ignota. Dopo trent’anni tutti siamo al corrente dei problemi dell’inquinamento. Inoltre, in questo periodo dell’anno l’inquinamento è a livelli bassi rispetto all’inverno quando con il riscaldamento delle case e il maggiore traffico dovuto all’apertura delle scuole e al freddo, nonché alla nebbia, gli indici salgono e il blocco del traffico avrebbe qualche senso. Molto poco, perché s’è dimostrato pressoché ininfluente sui livelli di inquinamento.
Piuttosto che chiudere i centri storici e le aree contermini, si dovrebbero chiudere le tangenziali e i centri commerciali, ma per fare questo – altrettanto inutile e impossibile, ma almeno provocatorio – occorre un coraggio e un’innovatività non disponibili al momento. In alcune città non sono state ammesse a circolare nemmeno le auto ibride: vale a dire che si pongono divieti su chi non ha voce per evitarli, sui più deboli. Ora, la Francia e il Regno Unito hanno stabilito che dal 2040 non dovranno essere più vendute auto a combustione interna. Tutta l’Europa si adeguerà prima o poi a questa presa di posizione. Da qui ad allora – ventitré anni, salvo verosimili proroghe – si continueranno a vedere auto diesel, a benzina e ibride. Sebbene le auto elettriche saranno verosimilmente il futuro, le ibride sono oggi una soluzione intermedia (ibrida per l’appunto) che va incoraggiata considerato che ci vorranno ancora almeno quarant’anni prima che i motori a scoppio scompaiano definitivamente. A Stoccarda – capitale tedesca dell’auto (Mercedes e Porsche, ma anche Bosch) – si vuole vietare l’accesso ai diesel in concomitanza con alti tassi di inquinamento. È in corso una battaglia legale che non è detto che il Comune e il Land vinceranno, ma almeno c’è stata una “provocazione” ambientalista di peso su cui si dovranno esprimere le corti competenti con probabili ricorsi a quella federale.
Ormai l’educazione ambientale non ha più senso nei termini antichi. Soprattutto è inutile predicare al coro dei fedeli: si deve trovare il sistema di convertire i miscredenti. L’educazione alla sensibilità verso l’ambiente va completamente rivista e adattata alla cultura corrente. Altrimenti suscita più fastidio che consenso e serve solo a gratificare (anche economicamente) chi da sempre organizza queste giornate e partecipa alle manifestazioni di contorno. I responsabili politici – scelti sulla base delle preferenze e appartenenze anziché delle competenze – non mettono in discussione gli organizzatori che si sono appropriati nel tempo della gestione degli eventi collegati alle giornate ecologiche. E sono nel frattempo pigramente invecchiati (senza accorgersene) perché mai messi in discussione visto che costituiscono il bacino elettorale di chi gestisce il traffico in base ai voti e non alla competenza. Le giornate ecologiche sono state restaurate così com’erano dopo che alcune amministrazioni le avevano – altrettanto avventatamente e senza strategie alternative – rimosse. Poiché i responsabili politici non hanno i mezzi culturali per adeguarsi ai tempi ed essere innovativi, tutto procede in modo stancamente conservatore e autoreferenziale. Peggio ancora, ci si bea nell’antica convinzione, propria degli anziani, di essere all’avanguardia ripetendo nostalgicamente i cliché che erano nuovi trent’anni fa.
Corrado Poli