Una vita a strisce tra Zagor e Dante
Intervistare Marcello Toninelli è una impresa ardua perché la sua produzione come scrittore, sceneggiatore, autore completo e giornalista è sterminata. Per queste ragioni mi limiterò a poche domande su alcuni momenti cruciali della sua carriera e ad una panoramica sulle sue produzioni attuali e le sue strisce.
Da vecchio lettore di Zagor non posso non chiederti un veloce resoconto del decennio in cui lo hai scritto. Che tipo di rapporto avevi con Sergio Bonelli e Decio Canzio? C’era collaborazione tra di voi o avevi carta bianca? “Sergio Bonelli l’ho visto quando, dopo aver pubblicato una sceneggiatura del Piccolo Ranger e presentato alcuni soggetti per Zagor, del quale stavano disperatamente cercando uno sceneggiatore in grado di prendere in mano il personaggio dopo l’abbandono dello stesso Bonelli, mi ha “ufficialmente” affidato l’incarico e augurato buon lavoro. Poi ci siamo rivisti a qualche pranzo e cena, e in incontri dovuti al mio contemporaneo impegno come editore nella rivista Fumo di China (fu Sergio a “introdurci” alla Marco, il più importante distributore dell’epoca). Per il resto tenevo i rapporti con Canzio e Sclavi (e poi Renato Queirolo), che curavano la testata. La collaborazione, di fatto, funzionava così: io presentavo i soggetti, loro li valutavano e poi intervenivano all’occorrenza sui dialoghi dopo che avevo consegnato la sceneggiatura. “Carta bianca” non l’ho mai avuta perché il personaggio era uno di quelli che vendevano meglio e andato mantenuto “nei binari”, cosa che ho sempre cercato di fare al meglio pur mettendoci inevitabilmente del mio. Quando, dopo più di dieci anni, avrei voluto apportare qualche cambiamento, mi scontrai con Sergio che invece stava iniziando un percorso esattamente opposto, di irrigidimento e “ritorno al passato”. A quel punto preferii interrompere la collaborazione: avevo già iniziato a lavorare con il Giornalino delle Edizioni Paoline dove, lì davvero, avevo carta bianca; dalle iniziali storielle autoconclusive (i “finalini”, come li chiamavano in redazione) passai rapidamente a una serie che mi scrivevo, disegnavo e coloravo, l’Agenzia Scacciamostri; poi mi chiesero di adattare la mia parodia della Divina Commedia (e svariati altri capolavori della Letteratura) al pubblico cattolico-infantile del settimanale, mi accettarono un’altra serie umoristica, gli Hominidi… fino al sopraggiungere di problemi economici della casa editrice che portarono anche al cambio di direttore. Col quale, ahimè, ero molto meno in sintonia che col precedente, don Tom(maso) Mastrandrea”.
Di Zagor hai realizzato anche una parodia in “ZigZagor, Lo Spiritoso con la Scure” (Foxtrot). Vedremo mai un seguito? “Per il momento no (anche perché, distribuito solo in fumetteria, ha venduto pochissimo; ne hanno però realizzato una traduzione in Turchia)… ma mai dire mai, nel nostro mestiere”.
Hai scritto un paio di episodi di Dylan Dog e sei stato a un passo anche dal disegnarlo, ma ho l’impressione che tu preferisca cimentarti con il genere comico. Hai qualche rimpianto? “Per Dylan Dog? No, certo. E non perché preferisco fare fumetti comici: scrivere mi piace sempre molto, non a caso mi sono dedicato anche al romanzo. Era proprio il genere horror, sia pure nella geniale declinazione sclaviana, che non rientrava troppo nelle mie corde. Ma sono sempre pronto per un bel progetto fumettistico d’avventura, di fantascienza o poliziesco”.
Lo stile grafico che usi nelle tue parodie è un vero marchio di fabbrica. Come ci sei arrivato? All’inizio è stato un processo spontaneo o hai preso qualche autore come riferimento? “No, è stato tutto molto casuale. Fresco di diploma scarabocchiai due o tre gag dantesche (in formato “paginetta”, ma comunque di due-tre vignette ciascuna) e li mandai alla rivista Off-Side che cercava nuovi collaboratori. L’idea piacque e mi chiesero di realizzarla, invitandomi però a farlo nel formato a striscia. All’epoca, da Linus in poi (ma già leggevo Beetle Bailey sulle pagine de il Giorno, da ragazzino), se ne pubblicavano tantissime e io ne avevo introiettato perfettamente le regole e i ritmi. Poi è andato tutto avanti in modo abbastanza automatico”.
Con le ormai numerose riduzioni comiche a fumetti dei vari classici sei un Maestro della parodia. Come riesci a vedere sempre il lato umoristico di una situazione spesso tragica? Qual è il tuo segreto? Hai avuto a tua volta un Maestro reale o virtuale? “I Maestri ci sono sempre, ma per le mie strisce non mi sono ispirato a nessuno in particolare. È un linguaggio che mi risulta molto naturale. Anche nella vita quotidiana, in famiglia, facciamo continuamente battute… anche se nessuno ride più perché tutti sappiamo già prima come andrà a finire! Poi, col tempo, subentra inevitabilmente anche il mestiere, ed è la cosa di cui ho più paura, perché replicando di fatto sempre gli stessi meccanismi, si rischia di ripetersi. Quello che mi salva è che, specialmente nelle parodie, è l’opera originale a fornirmi sempre nuovi spunti”.
Come procedi tecnicamente nella “toninellizzazione” di un classico? “Nel modo più semplice: prima lo leggo con attenzione, poi “lo faccio a pezzettini” e su ogni minimo passaggio narrativo cerco di costruire una battuta. In questo modo metto in fila un gran numero di piccole “barzellette” autonome che, seguendo l’opera originale, conservano la trama e consentono di… farsi una cultura sorridendo. Sono sempre di più i professori che acquistano le mie parodie per rendere più facile e divertente lo studio dei classici, e gli studenti che vengono a ringraziarmi perché grazie ai miei lavori hanno fatto interrogazioni ed esami eccellenti”.
Quali sono i fumetti intoccabili del Toninelli lettore? “Da un punto di vista “fisico”, ormai forse nessuno. Da giovane ero gelosissimo dei fumetti che collezionavo, e guai a chi ci faceva anche solo una piega. Poi, con l’età e la prospettiva non più lontanissima di doverli lasciare ai figli che, inevitabilmente, li manderanno quasi tutti al macero, si capisce che libri e giornalini a fumetti hanno un valore, soprattutto quelli dell’infanzia, solo per me finché sono vivo… e se anche qualcuno venisse strappato o altrimenti rovinato, non sarebbe comunque una tragedia. Anche dal punto di vista del valore “artistico”, vedo con un certo distacco la maggior parte di quelli che mi avevano entusiasmato in gioventù. Continuo ad apprezzarne le qualità, ma con trasporto decisamente minore”.
A 19 anni avevi già creato Dante, il tuo personaggio di maggior successo. Immaginavi che ti avrebbe accompagnato per tutta la vita? “A quell’età avevo già difficoltà a credere che me l’avessero davvero pubblicato. Però che fosse “il mio” personaggio lo sentivo. Non l’ho mai abbandonato. Non mi sono mai arreso. A un certo punto insieme a Paolo Di Pietrantonio e Stefano Casini mi sono improvvisato editore di una rivista chiamata Fox Trot! per poter pubblicare anche Dante. Su quelle pagine l’ha visto Gino D’Antonio, all’epoca responsabile dei fumetti de il Giornalino, che mi ha invitato a proporlo al direttore facendolo finalmente arrivare al grande pubblico (500.000 lettori certificati). Poi, visto che le Edizioni Paoline non erano interessate a raccoglierlo in volume, stampai da solo l’edizione integrale in fascicoli da fumetteria. 4000 copie dell’Inferno vendute in pochi anni. Più tardi l’approdo in volume con i cartonati degli amici riminesi a cui nel frattempo avevo venduto la testata di Fumo di China e infine, complice la ricorrenza dei 750 anni dalla nascita dell’Alighieri, la versione definitiva a colori della Shockdom: tre edizioni in nemmeno un anno”.
Come è cambiato Dante in questi anni, e ti sei mai trovato in crisi davanti al foglio bianco? “Il blocco del disegnatore credo di non averlo mai avuto. Quello dello scrittore, momentaneamente, solo su sceneggiature avventurose o romanzi, ma niente che comunque non si curasse con una notte di buon sonno. Per Dante i cambiamenti sono stati soprattutto grafici. Essendosi sviluppato nell’arco di più di quaranta anni, da quelle prime pagine su Off-Side alle strisce inedite realizzate per il volume della Shockdom, ha avuto piccoli cambiamenti man mano che il mio disegno maturava”.
Hai parlato del “Dante, la Divina Commedia a fumetti” pubblicato da Shockdom in 256 divertenti pagine a fumetti. Che effetto ti fa vedere riunite le strisce di 40 anni di Dante? “Gli anni, dal lontano novembre 1969 in cui apparve per la prima volta su Off-Side, sono ormai più di 47! Comunque, vedere quest’ultima edizione che raccoglie tutte le strisce è in realtà come andare a trovare un amico che non vedi… da due giorni. La reciproca frequentazione è stata così assidua, che anche la serata più riuscita è solo un altro tassello di una lunga storia”.
Dopo tante tragedie greche e “latine” sarai andato sul velluto con il Manzoniano “Renzo & Lucia” (sempre Shockdom) che hai attualizzato inserendo i tormentoni della società moderna! Il risultato è uno spasso! “Grazie. Sì, mi sono divertito. Come sempre. Forse la caratterizzazione “spinta” dei personaggi principali obbligata dalla struttura del romanzo ha reso stavolta prevedibile qualche battuta, ma credo che il risultato sia stato comunque ottenuto: rispetto dell’intreccio originale e stravolgimenti surreali per suscitare un sorriso continuo e qualche grassa risata qua e là”.
Il tuo ultimo libro è “Strip Wars, Guitti Stellari: La Sfiga Nera” (Dada Editore). Dal “Balle Spaziali” di Mel Brooks in avanti sono tante le parodie della saga di Lucas. Qual è la tua originale visione “Stellare”? Cosa succede nel tuo Spazio? “Ho partorito questa ennesima “rilettura” nel 1999, quando era uscito da poco “Episodio I” che aveva riaperto la saga cinematografica. Mentre nei rifacimenti dei classici della Letteratura avevo potuto mantenere i nomi dei protagonisti, qui dovevo rispettare i diritti d’autore, così oltre a stravolgere come al solito la psicologia e il carattere dei personaggi, ho anche dovuto cambiare loro nome: Luke Skywalker è diventato l’arrapato Luca Ciaivoglia, Chewbacca è diventato lo sfacciato gay Ciuchecca, Obi Wan Kenobi è diventato il Testimone di Geova (pardon: di Geri, una delle Spice Girl) Ompi Kwan Torompi e C1P8 il tossicodipendente Ci Ai Uno Spinotto. Uscita inizialmente in tre fascicoli spillati in bianco e nero, ora la mia prima parodia cinematografica è stata raccolta in un elegante volumetto brossurato a colori (opera di mio figlio Jacopo) con l’aggiunta in appendice di un inedito assoluto: le strisce de “La giovinezza di Luca Ciaivoglia””.
Domanda da vero giornalista, facendo un bilancio provvisorio, c’è qualcosa che non avresti voluto fare, o di cui sei insoddisfatto? E qual è invece la tua opera delle quale ti senti più orgoglioso? “Di cose “sbagliate” o venute male, in quasi cinquanta anni di professione ne ho fatte tantissime, ma fanno comunque parte del gioco, insieme a tanti buoni o ottimi lavori di cui sono soddisfatto. La cosa che mi rende più orgoglioso e per la quale spero di essere ricordato quando non ci sarò più non è però né un fumetto né un romanzo, ma un saggio politico, “Democrazia davvero”, scritto a quattro mani con Maila Nosiglia. Per anni ho fatto attività politica, sentendomi sempre più frustrato e impotente a cambiare realmente le cose. Alla fine, con l’amica Maila, ci siamo resi conto che non era questione di sigle di partito o di persone, ma di sistema. Così ci siamo presi una lunga pausa di riflessione approdando alla scoperta (fondamentale per questo il libro “Contro le elezioni” del belga David Van Reybrouck recentemente pubblicato in Italia da Feltrinelli) che quella che ci hanno insegnato a chiamare democrazia (“governo del popolo”) è in realtà una tipica oligarchia (“governo di pochi”) come ormai rivendica apertamente anche Eugenio Scalfari dalle colonne di Repubblica. In un lungo excursus storico, abbiamo ricostruito la storia della vera democrazia e di come pienamente o in modo parziale sia stata applicata nel passato, individuando poi gli strumenti che consentirebbero oggi di realizzarla anche nella complessa civiltà moderna grazie a una diversa architettura istituzionale i cui elementi fondamentali siano il sorteggio, la temporaneità e non ripetibilità degli incarichi, la turnazione e la collegialità delle cariche. Negli incontri di presentazione del libro che abbiamo iniziato da poche settimane stiamo riscontrando un interesse (in alcuni casi un vero e proprio entusiasmo) trasversale per età e genere. Una cosa che ci riscalda il cuore e riempie di speranza”.
Su che cosa stai lavorando? Progetti futuri? “Al momento sono impegnato con una serie di vignette per l’annuale agenda della Teka Edizioni, quest’anno dedicata alle donne famose. Spero poi di riuscire a prendermi quattro o cinque mesi di tempo per realizzare un graphic novel autobiografico a cui penso da anni. E vorrei anche mettere mano, se gli impegni me lo consentiranno, a un secondo romanzo con Dante Alighieri (sempre Dante che ritorna!) investigatore ante litteram, e al seguito del romanzo di fantascienza “Il pianeta scomparso””.
Marcello Toninelli, fumettista, scrittore, giornalista, è nato a Siena il 25 giugno del 1950. Ha lavorato per i più importanti editori italiani collaborando a testate come Dylan Dog, Zagor, Nick Raider, Lanciostory, Famiglia Cristiana e il Giornalino. Con la sua particolarissima narrazione a strisce umoristiche ha realizzato le parodie della Divina Commedia, di Iliade e Odissea, Eneide, Gerusalemme Liberata e del film “Guerre stellari”, oltre alle biografie di Mussolini e Berlusconi. Attivissimo nell’ambito della critica fumettistica, Toninelli fonda una sua casa editrice (Editrice 50, poi Ned 50) con cui pubblica molte fanzine e riviste, tra cui la più famosa è Fumo di China. Collabora a il Giornalino, Gordon Link, l’acchiappafantasmi ideato da Gianfranco Manfredi (Dardo), e al personaggio di Ade Capone Lazarus Ledd.
Ha pubblicato i romanzi “S’i’ fosse Morte…”, “Il pianeta scomparso” e “Darkiller” e il saggio politico “Democrazia davvero”.
Gli sono state dedicate mostre personali in occasione di importanti convention del settore come Expocartoon, Riminicomix, Mostra del Fumetto di Falconara Marittima, Umbria Fumetto, Salento Fumetto, Fullcomics e Nuvole in Toscana, ed è stato chiamato a parlare del suo Dante in due università canadesi, a Oslo e in varie altre sedi norvegesi dall’Associazione Dante Alighieri.
Ha ricevuto il Premio Anafi (1995 e 2005), la Targa Pini Segna (1997), il Premio Grande Autore (2000), il Premio Nerbini (2005) e il Premio Fumo di China come “Miglior Autore Umoristico” (1999 e 2004).
Luca Pozza