libri e fumetti

Martin Mystère ne fa 35

Giancarlo Alessandrini nasce a Jesi (Ancona) il 20 marzo 1950. Esordisce nel mondo del fumetto nel 1972, diventando ben presto uno dei principali collaboratori del “Corriere dei Ragazzi”, per il quale realizza varie storie complete delle serie “Uomini contro”, “Fumetto verità”, “Anni Duemila” e “Lord Shark”, su sceneggiature di Mino Milani, Alfredo Castelli, Franco Manocchia e Pier Carpi. Lavora poi per lo studio di Alberto Giolitti, realizzando storie di guerra per l’inglese Fleetway Publications. Nel 1977, collabora con Sergio Bonelli Editore, disegnando sei episodi di Ken Parker e “L’Uomo di Chicago” per la collana Un Uomo un’Avventura dell’Editoriale Cepim. Dal 1980, collabora a “Il Giornalino”. Nell’aprile 1982, disegna “Gli Uomini in Nero” che dà il via alla grande avventura di Martin Mystère di cui diventa il copertinista.

Nel 1990, pubblica su “Torpedo”, della Acme, “L’Uomo di Mosca”, scritto da Roberto Dal Prà. Dal 1991, realizza le avventure del detective “Anastasia Brown” per la rivista “L’Eternauta”. “L’Eternauta” ospita anche un episodio della serie “Zona X presenta”, disegnato su testi di Antonio Serra. Nel 1991 riceve il premio Anaf come miglior disegnatore dell’anno e nel 1992, riceve lo Yellow Kid quale migliore disegnatore italiano e, nel 1993, esce una sua biografia nella collana “Immagini & Parole” della Tornado Press. Nel 1994 riceve il premio dei lettori di Fumo di China come miglior copertinista. Nel 2004 realizza il tredicesimo Dylan Dog Gigante e, nel 2006, sono suoi i disegni del ventesimo “Texone”.

Generalmente i personaggi a fumetti per poter attrarre meglio il pubblico prendono spunto nei tratti somatici da attori o personaggi famosi e qualcuno ha visto nel volto di Martin Mystère qualche riferimento al Brick Bradford di (Gray e Ritt): quanto c’è di voluto in questa somiglianza? “Non ho visionato nulla di altri autori, ho solo seguito le indicazioni che mi ha passato Alfredo Castelli per telefono: “Fai un tipo biondo, bello americano, dal fisico atletico”, e non mi ha chiesto d’ispirarmi a qualcuno in particolare. La cosa mi ha fatto piacere perché, per gusto personale, non amo dare il volto di persone note ai miei personaggi (ho l’impressione di fare dei fotoromanzi!), ho quindi disegnato M.M. come lo si è visto nel volantino pubblicitario di Inovafumetto; quello è stato il mio unico bozzetto, è piaciuto subito ed è stato approvato in redazione così com’era, non ho dovuto togliere o aggiungere nulla. Così è stato anche per gli altri personaggi della serie: Java, Orloff e Diana”.

Come è cambiato il tuo interpretare il personaggio in questi anni sia da un punto di vista grafico che di approccio mentale? Dopo tanti anni non ti sei “stancato” di disegnarlo? “Certo guardando e confrontando le tavole iniziali e quelle di oggi la differenza c’è il cambiamento è evidente. Sia come segno grafico, oggi è più linea chiara, sia proprio nell’aspetto del personaggio: il ciuffo, il mento, il taglio degli occhi e, paradossalmente, è anche ringiovanito. Il mio Mystère è cambiato perché sono cambiato io, il mio modo di disegnare si è evoluto in maniera naturale, il tratto si è modificato e, di conseguenza, è cambiata anche la figura del personaggio ma, ripeto, è stato tutto casuale e non voluto nel senso che negli anni il personaggio si è “assestato” senza che io mi rendessi conto di queste modifiche. Faccio un esempio: ad un certo momento mi telefona Canzio (l’ex direttore della SBE n.d.r.) facendomi i complimenti per le tavole, ma fermandomi perché stavo… allungando troppo il mento! E, in effetti, pur senza farlo volontariamente era così”.

Le copertine: premesso che M.M. è la testata seriale tra quelle bonelliane che non ha mai cambiato copertinista; oltre a significare che da tanti anni stai facendo un ottimo lavoro, come nasce una copertina di M.M.? “Beh, sì, se duro da tanti anni per me è sicuramente un motivo d’orgoglio. Come nasce una copertina? Allora, è così: tramite posta elettronica mi arriva (a volte accompagnata da un bozzetto) l’impostazione fatta in redazione da Alfredo (o Recagno), la descrizione di quello che ci dev’essere disegnato in copertina e segue il tutto una serie di pagine tratte da quella storia per farmi vedere i personaggi, i luoghi, le cose che vanno riprese in copertina. Se l’impostazione mi va bene, e questo accade nella maggioranza dei casi, procedo facendo un disegno già definitivo della copertina, altrimenti cerco di dare il mio contributo, nella mia ottica, per migliorarla e si discute sulla cosa. Trovato il giusto equilibrio procedo come detto subito col definitivo, poi se ci sono delle piccole correzioni si fanno”.

La copertina dev’essere una foto, una sintesi, uno spaccato di quello che succede nell’albo, soprattutto deve indurre curiosità nell’andare a vedere e leggere l’albo: chi è il miglior copertinista? E perché? “Già è laborioso! Se a quanto hai detto aggiungi che nella maggioranza dei casi non conosci la storia, né il suo “contesto emotivo e psicologico”, diventa tutto più difficile e, quindi, si va avanti d’istinto facendo bastare quello che si ha sotto mano per tirare fuori il meglio possibile. Una buona copertina si deve far “vedere” dal lettore che “guarda”! deve attirare, essere esaustiva e mai “anonima”. Come copertinista mi piace molto e ammiro Angelo Stano, mi piace la sua tecnica ed è uno che sperimenta molto (recentemente ha tolto il contorno nero rendendo le copertine più pittoriche e meno “fumettistiche”) il mio preferito resta sicuramente lui”.

C’è una storia di M. M. che per l’argomento trattato ti ha particolarmente colpito? “Come argomento della storia quella che più mi ha “appagato” è stata l’avventura del primo albo gigante: Il segreto di San Nicola. È sicuramente tra le più rappresentative. Se qualcuno non conosce il personaggio e mi chiede di spiegarglielo allora gli dico: “ecco, leggiti questa, qui c’è tutto quanto serve per capirlo”. Tra l’altro è una di quelle in cui mi sono divertito molto anche a disegnare (anche se ho dovuto fare per un’infinità di volte la facciata del duomo!). La storia che reputo tra le più geniali e carine è quella del n°100: Di tutti i colori!, perché è veramente un’invenzione di Alfredo di una bellezza unica. In verità ce ne sono tante che mi piacciono molto, ma su tutte queste due”.

In 35 anni Castelli ha trasformato il personaggio, che sta diventando sempre più una copia di lui stesso con i suoi “vizi e virtù”. Tu come la vedi? E c’è una parte di Alessandrini in questo M.M.? “Passando tanto tempo con un personaggio si finisce col trasmettere i propri “tic” e questo succede sia all’autore dei testi sia all’autore grafico. Oggi, rispetto al passato, è molto più evidente la somiglianza tra Martin ed Alfredo, anche per una scelta voluta in tal senso. In realtà simile lo è sempre stato: un autore, anche se in modo incosciente, trasmette se stesso nelle sue opere e questo vale per chiunque, che siano testi o disegni. Ovviamente, nel disegno è più difficile notare le personalizzazioni che, però, diventano evidenti, quando si mettono a confronto due disegnatori del personaggio, lì si vedono le differenze: nella camminata, nell’assumere delle posizioni, nel gesticolare e nel muoversi nello spazio in generale, che sono nella maggioranza dei casi gli stessi comportamenti di chi disegna che trasmette al personaggio. Se una storia è piacevole e ti diverte disegnarla la fai in scioltezza riversando in essa anche te stesso, in un modo o nell’altro”.

Da come la disegni e la fai muovere traspare una certa simpatia da parte tua per il personaggio di Angie. Quale è tra i vari elementi della “famiglia Mysteriosa” quello che ti piace di più e quello che invece non ti è molto simpatico? “Mi diverte moltissimo disegnare Angie (tutti i disegnatori amano disegnare “le curve”) tanto che in una mia recente visita in redazione (anche sulla spinta di molte richieste che mi arrivano) ho proposto di dedicare un libretto one shot con un’avventura da protagonista assoluta alla procace, svampita, ma tanto simpatica e gioviale ballerina dal “Marty caro” facile. Per il resto non ho particolari antipatie per nessuno dei componenti tra i personaggi del mondo di Mystère. I personaggi più sono caratterizzati e più sono apprezzati, anche quelli “cattivi””.

Oltre al Martin Mystère hai fatto un Texone e hai realizzato un Dylan Dog: è un modo per non fossilizzarsi? “Il nostro è un lavoro creativo in cui se non ti diverti diventa pesante e ti viene male quindi un “intermezzo” ogni tanto diventa stimolante; in tal senso, ogni tanto una variazione è sempre ben accetta, se poi si tratta di mostri sacri come Tex e Dylan o lavori per mercati stranieri allora l’impegno diventa ancor più costruttivo e appassionante. Ma a prescindere dai personaggi, in generale, se la storia mi piace allora l’entusiasmo sale e magari ritorna quello dei vent’anni, contrariamente se la storia è noiosa e non mi piace allora diventa gravoso. Una volta, da giovani, si riusciva a fare lo stesso anche il lavoro noioso mantenendo comunque lo standard qualitativo. Con l’età si diventa più critici e si pretende di più da se stessi, perciò se non si riesce a fare il lavoro in condizioni ottimali si è consapevoli di non riuscire più a rendere e a mantenere una qualità ottimale”.

E se il fumetto si spostasse dalla carta al supporto digitale Martin ci sarà? “Tra tutti i personaggi bonelliani, Mystère è per due motivi quello maggiormente candidato a fare da apripista anche in questo campo. Primo, perché il personaggio è modernamente avvezzo alla tecnologia, egli stesso la usa e la “consuma” ed il lettore è abituato a vederlo adattarsi ai tempi. Secondo, il suo curatore Castelli è uno che è al passo con i tempi ed è il primo ad usare i nuovi mezzi tecnologici. Per cui se ci sarà un’occasione in tal senso è presumibile che Mystère la sfrutterà e potremmo leggerlo anche sull’iPhone”.

Stiamo festeggiando i 35 di M.M.: qual è il tuo augurio al personaggio e cosa gli regaleresti?“L’augurio al personaggio (ma esteso anche a noi e al pubblico) è semplicemente quello di esplorare il “Mystero” per molto tempo ancora godendo di Buona Salute e Lunga Vita!”

Gian Nicola Pittalis

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