La GUERA GRANDA di Luca Pozza
La presentazione del 10 febbraio con esposizione di disegni alla libreria libre! di Verona mi offre l’opportunità di riparlare del mio fumetto “La Guera Granda”.
Si dice sia stato Papa Benedetto XV° a coniare per primo il termine “Grande Guerra” riferendosi alla terribile guerra del ’14-’18, ma pare che gia la popolazione fosse solita chiamare in questo modo la guerra che si stava combattendo. Quel che è certo è che oggi a ogni latitudine la chiamano allo stesso modo, e per la stessa ragione per cui c’è The Great War, La Grande Guerre, La Gran Guerra, Der Große Krieg, ecc. nel Veneto abbiamo “La Guera Granda”. Questo per spiegare in due parole il titolo del fumetto al quale ho lavorato tra il 2013 e il 2015. Si tratta di un racconto ambientato sull’Altopiano di Asiago nel 1916 ed essendo un fumetto autoprodotto la distribuzione è molto limitata e per farlo conoscere mi sono affidato alle presentazioni, alla pagina Facebook e al Blog.
https://facebook.com/LaGueraGranda/
http://gueragranda.blogspot.it/
Cosa ha ispirato questo tuo fumetto? “L’idea mi è venuta una ventina di anni fa, dopo aver letto un romanzo di Mario Rigoni Stern, anche se l’interesse è stato tenuto vivo dai romanzi e dai racconti del mio scrittore preferito: Ernest Hemingway. Non sono stato ispirato da un racconto in particolare. È stato piuttosto il desiderio di colmare quella che consideravo una lacuna: il fatto, cioè, che non esistesse un fumetto ambientato nel mio territorio nel periodo della Grande Guerra. Mi pareva, insomma, che qualcuno dovesse realizzarlo e siccome non ci pensava nessuno ho approfittato del periodo del Centenario per disegnarlo da me. Lo spunto iniziale me l’ha fornito il fumetto “Era la guerra delle trincee” di un autore francese che amo molto, Jacques Tardi”.
Attraverso il racconto di una singola storia, raccontare la Grande Storia. Perché hai scelto questo episodio? “Ho scelto la vicenda personale di un soldato e un ristrettissimo periodo storico (5 giorni appena) perché correvo il rischio di perdermi in un mare di eventi e informazioni storiche difficili da gestire. Devo ammettere che essendo l’autore dei testi e dei disegni ed avendo la possibilità di modificare costantemente la sceneggiatura mi sono concesso la libertà di procedere alla realizzazione delle pagine seguendo un canovaccio molto flessibile. La storia era così una sorta di cantiere aperto che cambiava a seconda delle idee che mi venivano dalle letture e dalle suggestioni del momento. La scelta quasi obbligata dell’episodio storico che fa da sfondo alla vicenda, il periodo maggio-giugno della fatidica Strafexpedition, è dovuta al fatto che in quei giorni l’Altopiano visse le pagine più nere della sua storia. Tutti i paesi furono rasi al suolo, l’economia fu azzerata, i monti completamente spopolati, l’esercito austro-ungarico era ad un passo dalla pianura veneta. In un simile scenario da incubo furono combattute centinaia di battaglie che stroncarono migliaia di vite e lasciarono un segno indelebile nella geomorfologia del territorio. Impossibile sfuggire alla tentazione di ambientarvi un racconto”.
Un racconto visivo con tavole accuratissime. Quanto è durata la fase di documentazione storica preliminare? “La fase di raccolta del materiale iconografico si può dire sia cominciata molto tempo prima l’inizio della realizzazione della storia. Il grande vantaggio offerto dal web è quello di poter trovare con pochi click quasi tutto quello che può servire. Non tutto ovviamente, ma le giornate trascorse nelle biblioteche di mezza provincia alla ricerca di immagini e foto sono ormai un ricordo di tempi lontani dei quali non ho nessuna nostalgia. La realizzazione complessiva del fumetto ha richiesto circa 1 anno e due mesi di lavoro. Il libro ha 80 pagine di cui sessantadue sono a fumetti. Nella postfazione ho poi pensato di inserire qualche scheda per spiegare alcuni aspetti della guerra, la cronologia dei fatti, le cause, le origini della popolazione cimbra e altro ancora. All’inizio il fumetto doveva essere molto breve, appena 38 pagine, ma in fase di realizzazione è “cresciuto”. L’ho proposto a diversi editori, qualcuno era interessato ma continuava a rinviare e il tempo passava, così ho deciso di autoprodurlo a mie spese. La copertina è stata fatta a 4 mani con Giorgio Trevisan che è un grande autore di fumetti e mio amico e l’introduzione è di Vittorio Giardino”.
Chi è Adelmo Spilech e cosa rappresenta? “E’ il protagonista, un ragazzo del 1896 che vede fare a pezzi la propria vita, la propria terra e i propri affetti e che vive sulla propria pelle l’esperienza della peggior guerra immaginabile. Qualcosa che noi non possiamo nemmeno immaginare. Una generazione che prima ancora di essere “perduta” è stata spazzata via dalla furia del conflitto. Quella del ’96, poi, è stata la classe che più di ogni altra ha pagato in termini di vite umane. Spilech è anche un cimbro, un autoctono dell’Altopiano, e discende dalle popolazioni della bassa Baviera che a partire dal X° secolo furono assunti dai feudatari per disboscare vaste aree dei monti trentini, veronesi e vicentini. Adelmo Spilech (il cui nome stesso è un gioco di parole tedesche e cimbre) rappresenta quindi non solo il classico soldato mandato a marcire in una trincea, ma anche il giovane che combatte la guerra a casa sua, che vede disintegrarsi il proprio mondo, che sente nel petto lo schianto del mortaio che uccide e cancella i luoghi della sua memoria”.
Cosa aggiunge il fumetto in un racconto storico? “Il fumetto offre un approccio meno freddo, meno distaccato rispetto ad un libro di narrativa in cui i protagonisti sono spesso dei fantasmi dei quali possiamo intuire appena le fisionomie, le espressioni del volto, in cui i luoghi sono simili a quei vecchi dagherrotipi nitidi al centro ma sempre più sfocati man mano che ci si avvicina ai bordi. Da un punto di vista visivo il fumetto fissa sulla carta in forma di linee e colori le scene rappresentate offrendo quindi una esperienza chiara e suggestiva. Non sono sicuro di essere interessato agli aspetti didattici offerti dai fumetti storici. Ho sempre trovato noioso l’uso puramente didascalico ed educativo del fumetto, ma credo nella possibilità che da un fumetto si possa imparare qualcosa di nuovo, che esso possa incuriosirci e indurci ad approfondire un argomento. A me è successo una miriade di volte con i fumetti di Hugo Pratt, per esempio, che hanno rappresentato una sorta di trampolino di lancio verso altri fumetti, romanzi, film o generi musicali”.
di Luca Pozza
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Intervista di Gian Nicola Pittalis