libri e fumetti

100 anni di Galep e Tex

Tex che compie 69 anni, che ha girato il mondo, che è stato tradotto in cento lingue, pubblicato in cento paesi, si è portato appresso ovunque la stessa faccia, le stesse colt, lo stesso cavallo, gli stessi pard che ha inventato e disegnato per lui Aurelio Galleppini in arte Galep.
Era un giorno di settembre del 1948 quando, su soggetto e testi di Gian Luigi Bonelli,  Galep fu chiamato a dare un volto a Tex Willer e contorni alle sue avventure. Il primo numero era intitolato “Il totem misterioso”, formato striscia, 36 pagine, 15 lire. “L’albo più ricco al prezzo più povero”, diceva la pubblicità. Con quel prezzo si comprava un giornale quotidiano o un francobollo per lettera. Il formato striscia era il segno dei tempi, poca carta, il piccolo albo serviva per risparmiare e stava bene nelle mani dei bambini, si poteva nascondere più facilmente nelle cartelle, tra i libri.
Fu subito un successo destinato a durare, a fare di Tex il fumetto italiano più longevo e uno dei più longevi nella storia del fumetto mondiale. Certo la storia aveva il suo peso, Bonelli sapeva raccontare e rinnovarsi, aveva mestiere, fantasia e talento. Ma senza quelle matite, senza quella china, quei pennelli, non sarebbe andato lontano, come tanti personaggi nati in quegli anni e tramontati presto.

Galep diede all’eroe inizialmente la faccia di un divo hollywoodiano, Gary Cooper, poi la cambiò, la fece più somigliante a se stesso e, un po’, anche a Gian Luigi Bonelli. Per creare i contorni e i paesaggi più che ai film di John Ford si ispirò alle montagne brulle  della sua Sardegna e poi alle campagne più verdi dell’altra patria, la Maremma. Popolò il suo West di pecore, di cavalli, di cactus più mediterranei che texani, di soldati blu – quelli sì – presi da Ford.

Era più l’America dei libri e dei quadri di Remington. Diede, strada facendo, un volto a Kit Carson, diverso dalla leggenda americana, ironico e crepuscolare; a Kit nato dal matrimonio con Lilyth; al fido Tiger Jack. Quattro, come i moschettieri. Poi verranno i grandi nemici, come Mefisto, e i grandi amici, come El Morisco. Molte storie e tanti personaggi perfino in anticipo sul cinema: Tex era “Aquila della notte” sposato a un’indiana prima de “L’amante indiana”; era difensore degli indiani prima di “Piccolo grande uomo”, americano consapevole del massacro di un popolo prima di “Soldato blu”. Era anche western all’italiana prima dei capolavori di Sergio Leone.

Tex c’era. Con quella faccia un po’ squadrata, libero pensatore che odia i potenti, i corrotti, i politicanti, gli affaristi, i razzisti, i burocrati ottusi, i prepotenti. Tex c’è come i lettori lo hanno immaginato e visto da tanti anni, li ha accompagnati sparando e cavalcando, mangiando montagne di patatine, uccidendo migliaia di nemici, correndo mille pericoli. Sempre sopravvivendo e vincendo, anche contro le magie, contro le sette venute da lontano, contro avversari di ogni genere. Ha saputo crescere, come fosse un italiano nato allora con la Costituzione e con grandi speranze, ma con la capacità dei sogni di non invecchiare.

Se quel Tex è nei ricordi dei vecchi lettori e nell’immaginario dei giovani lo si deve in buona parte a Galep del quale quest’anno ricorre il centenario della nascita. Era nato in un paesino della provincia di Grosseto da genitori sardi di Iglesias, anche se il cognome Galleppini è rarissimo e in Sardegna e in Toscana non ce ne sono altri.

Precocissimo nel disegno, lavora nell’animazione per il mercato tedesco, a 19 anni lavora per la Mondadori illustrando storie scritte da Federico Pedrocchi: “Pino il Mozzo”, “La perla del mar d’Oman”.  Poi passa alla Nerbini, l’editore dei fumetti più popolari, a incominciare dagli albi dell’Avventuroso. Ha padronanza del disegno, realizza con bravura i personaggi, ha fantasia nell’immaginare nature esotiche. La guerra lo costringe a rientrare in Sardegna tra Iglesias e Cagliari e per vivere fa di tutto: ritratti dei militari alleati, mattonelle dipinte con paesaggi isolani, insegna all’Istituto d’Arte, realizza le formelle della Via Crucis per la cappella delle suore di San Vincenzo a Cagliari e per le stesse religiose quattro grandi tele di soggetto sacro. Le suore pagano con abiti e pasti caldi.

A guerra finita disegna storie per gli Albi dell’Intrepido (edizioni Universo), illustra i classici della letteratura, da “I tre moschettieri” ai “Promessi Sposi”, anche una versione a fumetti di “Pinocchio”. Fino all’incontro con Bonelli che cambia la sua vita e ne fa un artista dedito a un solo, enorme personaggio. Disegna centinaia di albi e tutte le copertine fino alla numero 400. Lo affiancano disegnatori come Guglielmo Letteri, Gianni Ticci e Erio Nicolò che dedicano la loro vita artistica alla Bonelli e a Tex.

Galep non molla fino alla fine, anche quando la sua vista s’appanna e i dolori gli bloccano un braccio. Continua a disegnare per Bonelli, anche un volume per la collana “Un uomo, un’avventura” e naturalmente il suo è l’uomo del Texas. Realizza anche uno speciale, formato gigante, “Il segno del serpente”. Nel febbraio 1994 la malattia lo costringe dopo 46 anni a passare il testimone delle copertine a Claudio Villa che da allora ha imposto il suo stile nella tradizione.  Non dimentica il suo sogno, dipinge e disegna, realizza quadri col mare ligure in tempesta o paesaggi affollati di olivi contorti dal vento, corse di cavalli, stalloni imbizzarriti. Quando può si rifugia nella sua stanza segreta dove ha costruito un enorme plastico ferroviario, pezzo per pezzo, treni e binari, stazioni e gallerie, piante e uomini: preciso come una tavola di Tex, fantasioso come una visione di El Morisco, perfetto nei minimi particolari. Se ne va a 76 anni, sul tavolo da disegno le prime pagine di una nuova storia di Tex. Oggi la Bonelli Editori lo omaggia con l’albo gigante “Gli Sterminatori”, l’ultimo capolavoro.

A Roma nel quartiere di Mezzocammino gli hanno dedicato una strada annunciata da un gigantesco totem di Tex, accanto a strade che portano i nomi di Hugo Pratt, Jacovitti e Andrea Pazienza.

A Cagliari gli hanno intitolato una piazza tra scuole e mare, con arbusti verdi contorti come in un paesaggio del suo West immaginario. Ciao Galep, vaja con Dios!

 

 

Edoardo Pittalis

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