politica

Quando la libertà d’informazione è messa a dura prova

Ok, partiamo da un presupposto. È da anni che si dice che non ci sono più fascisti e comunisti. Ma nessuno può vietare che esistano i nostalgici sia con la camicia nera o la camicia rossa. Ma se un giornalista ne scova uno e lo intervista apriti cielo. È quanto accaduto al collega Gianluca Versace che “si è permesso” di invitare alla sua trasmissione un nostalgico delle camicie nere finendo, suo malgrado, nella lista nera. Insomma, è bastato intervistare solo un povero uomo che gioca a imitare Mussolini.

Sembra una “fake news” eppure è accaduto veramente e da buon giornalista che compie solo il suo dovere cercando di dare un’informazione a 360° si è arrivati ad una sorta di apologia di fascismo di seconda mano. Come dire: se ospiti in studio, o dai la parola a un nostalgico che assomiglia più a una macchietta che a un politico diventi, automaticamente, un fascista anche tu. Anche se non condividi mezza parola di quello che lui dice. E quindi, come accadeva ai tempi del regime, anche per te arrivano le manganellate. Solo che questa volta sotto forma di denuncia all’ordine della disciplinare con richiesta di pena esemplare.

 

La vicenda (riportata dal quotidiano Libero) sarebbe comica, se non fosse inquietante. La sua “colpa” è di aver ospitato all’interno del programma che conduce da anni, un certo Ferdinando Polegato, soggetto bizzarro che ama rasarsi i capelli, indossare la camicia nera e calcare un fez sulla crapa pelata. Un po’ per vezzo, un po’ per emulazione, un po’ perché ci crede e sa giocarci ma che di lavoro fa il ristoratore. Un personaggio “particolare”, certamente, ma che male c’è se così si guadagna un po’ di notorietà sul web, interviste radiofoniche o ospitate in tv?

Appunto come con Gianluca durante la quale ha ribadito (comicamente) le sue convinzioni (s)fasciste. Che poi di fasciste hanno ben poco così infarcite da altre idee come la solidarietà al movimento dei Forconi. Unica cosa coerente: l’ostilità per il regime democratico. Peccato che Versace sia intervenuto più volte, da buon conduttore, dissentendo dalle sue dichiarazioni e richiamandolo più volte ad un atteggiamento più democratico e costituzionale. Pensate sia servito pur essendo in diretta? Assolutamente no!

Apriti cielo, nemmeno che Polegato si fosse affacciato al balcone di Piazza Venezia per tenere un comizio. Risultato? Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, dopo una delle ultime puntate con Polegato ospite, nel novembre 2017, su segnalazione di uno spettatore di Lucca all’Ordine dei Giornalisti del Veneto, interviene il consiglio di disciplina, lo scorso marzo, mandando un primo avvertimento a Versace per quel signore «vestito da squadrista fascista» e consegna il fascicolo all’Ordine dei Giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, cui fa capo il conduttore. Qualche giorno fa la comunicazione dell’Odg friulano: il relativo consiglio di disciplina ha deciso di aprire «un procedimento disciplinare» contro Versace per «un comportamento giornalistico apparentemente e professionalmente non appropriato».

Ora Versace rischia una sanzione disciplinare per aver invitato un ospite sgradito. Attenzione, nella nota è specificato che l’iter è stato avviato non perché ne ha sposato le tesi, ma perché lo ha intervistato e non perché Polegato ha fatto apologia di fascismo, ma perché era vestito come un fascista. Il problema insomma erano il fez e la camicia nera.

Versace non ci sta. «Nella mia trasmissione ho sempre invitato personaggi con cui non concordo minimamente ma a cui lascio libertà di espressione. Per capirci, ospiterei anche un comunista che venisse con in mano falce e martello. Detto questo, non ho mai legittimato quello che dice Polegato: è una caricatura vivente, un personaggio da fumetto. Accusare me di essere un fascista poi è bizzarro: sono un liberale convinto, erede di una famiglia di democristiani». Giusto a questo punto che un dubbio nasca.

Non si vorrà fare di Gianluca un capro espiatorio? «È un’intimidazione per attaccare un’emittente libera e indipendente, non schierata con i poteri politici, che fa ogni giorno 300mila spettatori e non censura le opinioni di nessuno. È il metodo tipico del fascismo degli antifascisti. Nonché una minaccia al sacrosanto diritto/dovere di informazione di un giornalista. Da quando ho ricevuto questo atto non ho più invitato Polegato. Mi hanno costretto all’autocensura e non mi sento più libero. Dall’alto cercano di indottrinarti e, se osi invitare un ospite loro sgradito, procedono con la Rieducazione Culturale, come capitava ai tempi di Mao. Ma continuerò il mio lavoro ricordando a tutti che in Italia c’è libertà di espressione (Art. 21 “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”) e che la “La libertà di espressione è «la pietra angolare dell’ordinamento democratico” (Corte cost., sent. 84 del 1969)».

A Gianluca tutta la solidarietà della redazione de Il Sestante che una domanda se la pone. Perché a Gianluca è arrivato un richiamo ufficiale mentre agli autori della famosa trasmissione radiofonica umoristica “La Zanzara” nemmeno una tirata d’orecchi? Ai posteri l’ardua sentenza. Intanto a Versace la solidarietà incondizionata del Sestante

Gian Nicola Pittalis

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