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L’emigrazione veneta verrà studiata in tutte le scuole della Regione

A partire dal prossimo anno scolastico, la storia dell’emigrazione veneta verrà studiata in tutte le scuole della Regione. E’ stato infatti firmato un protocollo d’intesa tra Regione Veneto, ufficio scolastico regionale e le sette associazioni venete per l’emigrazione: attraverso una serie di incontri, lezioni e testimonianze gli studenti conosceranno quindi una storia importante ma spesso poco ricordata. La storia di un’emigrazione di massa, che ha interessato la Regione Veneto a partire dai primi tre decenni dell’Ottocento per poi affievolirsi nel secondo Dopoguerra.

Tra fine Ottocento e inizio Novecento nessun paese d’Europa contava tanti emigranti come l’Italia. Dai 130Mila all’anno nel 1880, il numero di emigranti italiani salì a 540Mila nel 1901, fino agli 871Mila del 1913. Una vera e propria emigrazione di massa, dunque, che interessava in particolare l’Italia settentrionale. Le Regioni da cui partivano più persone erano infatti Piemonte, Lombardia e proprio il Veneto.

Le cose sono cambiate molto nel tempo; oggi viviamo un presente in cui l’Italia sta conoscendo una forte immigrazione. I telegiornali mostrano ogni giorno le immagini di navi stracolme di persone che rischiano la vita pur di approdare nelle nostre coste sperando di trovare qui fortuna e benessere. Nei confronti di queste persone spesso proviamo un sentimento di timore: cosa vengono a fare questi nel nostro Paese? Saranno mica delinquenti?

Sono domande comuni, che in molti si pongono quando vedono una persona straniera che si aggira per il proprio quartiere. Spesso questi immigrati ci fanno anche paura, come ci fa paura tutto ciò che non conosciamo o che non riusciamo ad identificare facilmente. Eppure l’immigrato che oggi vediamo camminare sotto casa nostra sta vivendo la stessa situazione con cui tanti dei nostri nonni e bisnonni si sono confrontati. Come credete che fossero guardati i nostri antenati quando a inizio novecento sbarcavano in America per cercar fortuna? Penso che subissero gli stessi sguardi che oggi noi rivolgiamo all’immigrato che si muove nei nostri quartieri: sguardi spesso sospettosi, se non a volte accusatori e denigratori.

Il punto è che, quando si parla di migrazione, siamo abituati a guardare le cose con gli occhi di chi ospita e difficilmente ci  sforziamo di considerare le cose dal punto di vista di chi cerca ospitalità. Ma la nostra storia ci suggerisce di farlo questo sforzo, di provare a guardare il mondo attraverso gli occhi dello straniero. Quando si parla di emigrati, infatti, ci collochiamo sempre dalla parte di chi apre le porte, senza  ricordarci che tempo fa eravamo noi quelli che bussavano.

Argentina e Brasile sono state, a cavallo tra Ottocento e Novecento, terre della speranza per i nostri antenati. Si stima che in Brasile, alla fine del XIX secolo, emigrarono circa 6 milioni di italiani, di cui circa il 30% provenienti proprio dal Veneto. Erano perlopiù agricoltori che, disperati e affamati dalla miseria, speravano di trovare in Brasile un luogo dove cominciare una nuova vita, migliore. In realtà, molti di loro venivano spesso considerati come schiavi bianchi da parte dei possidenti terrieri che li facevano lavorare in condizioni drammatiche all’interno delle fazendas.

Dopo il Brasile fu l’America a diventare la terra promessa, ma anche la Francia, il Belgio, la Svizzera e la Germania. Paesi dove i nostri nonni andavano sperando di arricchirsi, o almeno di vivere meglio rispetto alle terribili condizioni di povertà da cui scappavano. E non sempre l’accoglienza era delle migliori: dai cartelli “vietato ai cani e agli italiani”, ai numerosi stereotipi che ci dipingevano come sporchi, ladri e ignoranti. Per quanto tempo l’immigrato italiano è stato identificato come il mafioso o come il parassita pronto in qualsiasi momento a fregare il prossimo? Per quanto tempo i nostri antenati hanno dovuto lavorare in condizioni disumane?

Oggi la storia si sta ripetendo, come spesso accade. Stavolta siamo però noi la terra in cui cercar fortuna. Studiare la storia dell’emigrazione veneta ci ricorda che una volta erano i nostri nonni che, pieni di speranza, si imbarcavano in navi dirette oltreoceano. Si imbarcavano con la stessa speranza che anima i migranti che oggi arrivano sul nostro territorio. Riflettere sulle difficoltà affrontate dai nostri nonni emigrati dovrebbe quindi aiutarci a non riproporre quelle stesse difficoltà a chi viene qui per avere un futuro migliore.

Difficile dire se sia questo il motivo che ha spinto la Regione a promuovere lo studio dell’emigrazione veneta nelle scuole. Certo è che i vertici politici veneti hanno sempre sottolineato la necessità di riscoprire il nostro passato, la nostra tradizione e la nostra identità. Sta di fatto che la storia del Veneto è anche una storia di emigrazione. E ricordarsi che un tempo eravamo noi che ci imbarcavamo verso paesi stranieri alla ricerca di fortuna, può aiutarci ad essere più tolleranti verso chi, oggi, viene da noi con la medesima speranza.

Matteo Riberto

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