salute e medicina

Scuola e distanza

Che problema la scuola in tempi di Covid. Scuola e distanza sociale. Ogni atto di conoscenza è un gesto di disobbedienza. Che scaturisce dalla necessità di superare le regole e dalla capacità di intuire e immaginare altri mondi possibili. Così come la disobbedienza, anche l’immaginazione gioca un ruolo importante nel processo conoscitivo. Perché, come afferma Bachelard ne ‘La poetica delle reverie’: “l’immaginazione è anteriore alla memoria. L’atto originario è un puro atto di immaginazione: l’immaginazione è la dimensione prima della psiche.”

Scuola e distanza nell’antichità

I graffiti alle pareti delle caverne, la narrazione orale, le affabulazioni, e infine la scrittura narrano di questo incessante anelito alla trasmissione di un sapere che è esperienza del mondo, conoscenza sedimentata. La conoscenza, infatti, nasce e si evolve nella relazione con l’altro e in questa relazione diventa cultura, incontro e società. Ed ecco l’altro imprescindibile criterio della conoscenza: la relazione. Afferma Galimberti. “la relazione è un dono sociale. L’identità arriva dopo la relazione, prima arriva il due e poi l’uno, se posso riconoscermi è grazie alla relazione, la relazione viene prima dell’individuo…. L’identità è il prodotto dei riconoscimenti”. Il sapere si può quindi trasmettere solo attraverso la relazione.

Scuola e distanza con sapere

Un’autentica trasmissione del sapere non è possibile se si riduce l’altro ad un mero contenitore da riempire di una qualsivoglia quantità di informazioni, facendo del sapere mero travaso. Infatti, non c’è alcuna possibilità tra “contenitori” di fare la “conoscenza” essendo quest’ultima il frutto di un movimento psichico attivo di interscambio tra soggetti. Avendo individuato la relazione come dimensione prima di ogni essere umano, nella quale si crea  l’infinita sequela della conoscenza, non si può che individuare la scuola come la culla di questo sapere. Prima possibilità  per ognuno di noi di accedere all’Altro.

Scuola e distanza ai giorni nostri

Il nostro tempo, ora più che mai, segnala una crisi diffusa del discorso educativo. Infatti la scuola non appare come un’istituzione capace di garantire una maieutica del sapere, ma piuttosto come “un’istituzione smarrita”, per dirla alla Recalcati. “L’economicismo contemporaneo,” scrive Recalcati,” non ha solo inebetito la politica subordinandola agli interessi dei grandi capitali finanziari. Ma ha anche irretito la pedagogia, che sembra sponsorizzare l’efficienza, la prestazione, l’acquisizione delle competenze come indici subordinati al criterio acefalo della produttività” Recalcati –

Il compito

Il compito della scuola  non è quello di chiarire l’esistenza o ridurre la verità a una somma di informazioni. Essa non deve mirare all’omologazione del sapere. E quindi di conseguenza degli individui, ma deve invece tendere ad accogliere le differenze, valorizzandole affinché esse possano diventare una risorsa per tutti.  E’ molto importante essere consapevoli dei rischi connessi all’omologazione. Il pericolo insito in un  pensiero uniformato, privo di senso critico, di vitalità creativa e di volontà. Nella scuola di oggi, il cambiamento viene soprattutto definito con l’introduzione della tecnologia tra gli strumenti didattici, la cui presenza intende fare della stessa un’istituzione al passo con i tempi.

Scuola e distanza e rinnovamento

Ma quando la scuola sceglie di rinnovarsi adottando strumenti didattici tecnologici, cade nell’equivoco di scambiare la “minestra per Platone”[- Silvia Montefoschi-] ,si affida cioè a strumenti i quali per definizione non possono esprimere immagini ne tantomeno creare relazioni. In questo caso, quindi, la tecnologia banalizza il sapere. E annullando le relazioni tra soggetti, tende a rinforzare l’omologazione, in definitiva, perverte il senso stesso di fare conoscenza. Rende ripetitivo ciò che dovrebbe, invece, essere scoperta, rivelazione ed epifania. Cancella la sospensione e come direbbe Lacan “il tempo per comprendere”. Che è il tempo necessario affinché si realizzi un percorso di conoscenza. Quel tempo che non è orientato a produrre un risultato ma lavora in accordo con la passione e la seduzione.

Scuola e sapere non combaciano più

Ed è cosi che oggi assistiamo
costernati al disincanto e all’indifferenza nei confronti del sapere da parte
di  un numero sempre maggiore di
studenti, e anche tra i più motivati serpeggia il disagio nei confronti di un
percorso scolastico che si avverte sempre più vuoto e inutile, un senso di
inadeguatezza verso una scuola che ne sottolinea i limiti ma non riesce a
dialogare con gli stessi.

Noia e non più scuola

Viviamo una scuola all’insegna della competizione. Una corsa ad ostacoli che il più delle volte conduce alla noia, al disinteresse. Se non addirittura alla rinuncia a continuare gli studi, appena questo si rende possibile. In una “scuola digitale” anche i tempi della ricerca si accorciano. I tempi morti non esistono più. Davanti ai ragazzi si apre un tempo lineare e indifferenziato dove le pause sono state dissolte e tutto si realizza nell’immediato con un clic. E questo principalmente perchè la scuola tradisce il suo compito principale. Quello cioè di fornire la consapevolezza che in essa non si risolve il sapere ma piuttosto che essa è la fonte di tutti i dubbi. Che la conoscenza è tutela di ogni fragilità e di tutte le relazioni.

La relazione sociale

Occorre vedere la scuola come relazione, e la relazione come riconoscimento del limite essenziale al sapere; la disobbedienza in quanto superamento di regole date. Immaginazione, umanizzazione del desiderio di conoscere e la parola, come veicolo per raggiungere il cuore e la mente dell’altro. Platone diceva che la mente si apre quando si apre il cuore. I giovani denunciano il disagio di una scuola sempre più disumanizzante. Che coinvolge tutti gli aspetti della loro vita sociale. E lo fanno confinandosi in un onanismo tecnologico come atto d’accusa verso un sapere istituzionalizzato che non sa che farsene dei loro desideri.

Una considerazione su scuola e distanza

Oggi tutti noi siamo chiamati a una riflessione. Ed è giunto il momento che la scuola si  domandi qual è l’essere umano che intende contribuire a far nascere. Dobbiamo riprendere a sognare e ad avere utopie, perché solo i sogni e le utopie hanno il potere di modificare la realtà. I giovani ci chiedono e vogliono imparare il coraggio di intraprendere viaggi arditi e pieni di meraviglia. “Una cultura che non ha più immagini è destinata a morire”- Raffaele Morelli-

Antonia Murgo, Psicologa e psicoterapeuta

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