L’epoca dell’ansia
Viviamo nell’epoca dell’ansia, uno stato generalizzato e pervasivo che sembra influire su moltissimi comportamenti collettivi, eventi di portata locale o globale e problemi sociali. L’ansia può essere definita, secondo l’American Psichiatric Association, come l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuro, accompagnata da sentimenti di disforia o da sintomi fisici di tensione. Dunque si tratta di una previsione – cioè un atto cognitivo di anticipazione che può essere più o meno accurato, ma questo non influisce sull’ansia che è indipendente dalla reale probabilità di realizzazione di quanto atteso – a cui si associa uno stato di apprensione.
L’apprensione, a sua volta, si crea sulla base delle esperienze della persona o, più in senso lato, di gruppi piccoli o grandi di persone. Pertanto, chi ha avuto brutte esperienze in un determinato ambito, può tendere ad essere più apprensivo e quindi più ansioso riguardo agli eventi futuri in quello stesso ambito. Ora, sembra che nella società occidentale e in special modo in Italia la maggior parte della persona abbia sviluppato apprensione, se non rabbia ed ostilità, per il modo in cui è stata e viene gestita la cosa pubblica, per le scelte che vengono fatte anche da chi ha una legittimazione elettiva, in generale per il futuro. Si può ipotizzare che questo stato generalizzato di apprensione sia anche rinforzato dal fatto che le nuove generazioni non hanno mai avuto a che fare con eventi traumatici perduranti come una guerra o una carestia, pertanto la soglia di tolleranza dell’incertezza e del disagio si sia abbassata. Partendo da questi presupposti, si può notare quanto sia diffusa la necessità di abbassare in ogni momento i livelli di ansia.
Anche per questo le risposte più immediate oggi vincono su quelle ragionate: devono essere date in tempo reale, non importa da chi. Per molti un gruppo su un social network va benissimo come fonte di informazione e di chiarificazione dei propri dubbi anche se le informazioni giungono da persone “a caso”, a patto che giungano presto. Lo stesso vale per modalità di pensiero semplici e lineari. È più facile trovare un capro espiatorio o definire stupido o in malafede chiunque la pensi in modo diverso dal proprio gruppo di riferimento piuttosto che riflettere profondamente sulla complessità delle situazioni e sul proprio ruolo in esse. Ugualmente, molti sono attratti da soluzioni presentate senza l’accompagnamento del ragionamento alla loro base.
Oggi, per promuovere una causa sociale, economica o legata alla salute come possono essere la scelta di una cura, la necessità di non vaccinare i figli, la preferenza verso determinate proposte economiche e sociali, può essere efficace – presso alcuni target di popolazione – non spiegarne le ragioni ma presentarle come giuste a priori. Parlare delle ragioni per cui una cosa è preferibile ad un’altra ne mostra anche i necessari aspetti di debolezza, cosa che aumenta i livelli di stress e viene rifuggita. Questa diffusione dell’ansia rappresenta una caratteristica della nostra società che non sarà semplice eliminare, probabilmente ci vorranno anni. D’altra parte ci si può augurare che chi ha ruoli pubblici e si trova in condizione di comunicare a grandi gruppi di persone non ceda alla tentazione di cavalcare questa condizione ma si sforzi di attivare un dialogo e un dibattito sulla base dei dati, delle evidenze, delle prospettive realistiche. Che, insomma, la società si evolva verso una vera correttezza e trasparenza nella comunicazione orizzontale e verticale.
Alessandro De Carlo, presidente Ordine degli Psicologi del Veneto